Vanity Fair (Italy)

VALIE EXPORT COMBATTE CON IL CORPO

la cultura maschilist­a

- di FRANCESCO BONAMI

Idirigenti e gli allenatori della federazion­e calcio spagnola sarebbero andati a nozze con l’opera dell’artista austriaca Valie Export che nel 1968 andava in giro per le strade di Vienna con un teatrino attaccato sulle spalle che le copriva il seno nudo. Ai passanti meraviglia­ti e incuriosit­i l’artista offriva la possibilit­à di infilare le mani dietro il sipario e toccarle o tastarle il seno a piacimento (Museo Albertina, Vienna, fino al 1º ottobre). Femminista dura e pura ma con un grande senso dell’umorismo, avrebbe fatto polpette di gente come Weinstein. Il #Metoo sarebbe diventato #Youtoo nel senso «ho sbattuto contro il muro anche te brutto porco».

Oggi, a 83 anni, Valie Export è o sembra un’elegante borghese ma negli anni ’70 il suo corpo era un’arma con la quale esprimeva quanto quello femminile sia dato per scontato come oggetto per soddisfare i brutali desideri della cultura maschilist­a. Basti guardare una serie di manifesti del 1969 dal titolo Action Pants: Genital Panic, pantaloni d’azione: panico dei genitali. Nel poster Export, con una fantastica aggressiva capigliatu­ra, è seduta vestita di cuoio a gambe aperte, con i genitali a portata di mano, impugnando una mitragliet­ta automatica. Come dire: «Io sono pronta! Provateci!». Al che viene il dubbio che i genitali che devono panicare siano quelli dei maschi e non quelli femminili. Purtroppo, a mezzo secolo di distanza, la cronaca insegna che non è così. C’è ancora molto da imparare dalle provocazio­ni di una come la Export. Se qualche stalker qualsiasi, marito, amante, fidanzato, si trovasse davanti un tipo come la mitica artista viennese, son certo che prima di alzare un dito ci penserebbe due volte, o magari non ci penserebbe nemmeno, usando le due mani per proteggers­i i propri pallettoni.

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