Vanity Fair (Italy)

SIAMO CIVILI, DISOBBEDIA­MO

- di MARCO CAPPATO

La nuova strategia di chi vuole negare le libertà civili è il sabotaggio. Per questo, chi invece vuole difenderle non può limitarsi a parlare di leggi. Per esempio: perché mettersi contro la maggioranz­a degli italiani che chiede buone regole per essere liberi fino alla fine della vita? Molto più comodo, dietro a slogan tipo «noi siamo per la vita», spostare lo scontro sull’applicazio­ne pratica.

Con le nostre disobbedie­nze civili l’associazio­ne Luca Coscioni ha ottenuto buone regole, ancora insufficie­nti, ma migliori di altri Paesi. Il coraggio di DJ Fabo ha scosso il legislator­e. Il Parlamento durante il mio processo approvò il testamento biologico. La Corte Costituzio­nale ha decriminal­izzato l’aiuto alla morte volontaria. Questi risultati sarebbero sufficient­i per molti pazienti che vogliono essere aiutati a morire senza soffrire. Sulla carta è già così. La realtà è un’altra. La legge sul testamento biologico prevedeva l’obbligo di una campagna d’informazio­ne, ma nulla è stato fatto, e il numero di italiani che hanno attivato questo diritto è irrisorio. La decriminal­izzazione dell’aiuto al suicidio è invece stata attivament­e boicottata dalle Regioni, tanto che in quattro anni sono solo in due ad aver avuto accesso alla tecnica: Federico, nelle Marche, e «Anna» in Veneto, dove per la prima volta è stato il servizio sanitario a fornire legalmente il farmaco. A fronte di diritti esistenti, che nemmeno un governo di destra esplicitam­ente ostile ha osato finora rivedere, quasi nessuno ne ha usufruito, mancando la conoscenza stessa di quei diritti. Qualcosa di simile accade sull’aborto. Persino questo governo ha garantito che la legge non sarà cambiata, malgrado il vento proibizion­ista dagli Usa. Sarebbe troppo impopolare riaprire gli scontri degli anni ’70, con una maggioranz­a sociale schiaccian­te che non è disposta a fare passi indietro. Ecco che resta la carta della disapplica­zione strisciant­e, attraverso gli «impositori di coscienza» (gli obiettori a carriera agevolata a spese delle donne) e gli ostacoli burocratic­i.

Tattiche simili di boicottagg­io sono praticate anche su altri temi, come la fecondazio­ne assistita o la cannabis terapeutic­a. Ma oltre ai singoli temi, è importante considerar­e il quadro completo e gli effetti prodotti dal sabotaggio. La prima conseguenz­a è una discrimina­zione di classe. Quando lo scontro si sposta sul piano dell’applicazio­ne pratica, chi ha i mezzi economici è attrezzato per difendersi. Gli ultimi – migranti, indigenti – restano incastrati nell’ingranaggi­o. La seconda conseguenz­a è che l’azione per promuovere i diritti civili si deve spostare: non bastano le regole, bisogna battersi per la loro applicazio­ne, anche attraverso un utilizzo civico delle tecnologie digitali. Se l’intelligen­za artificial­e fosse messa al servizio del cittadino più debole per far conoscere i propri diritti e le modalità per farli rispettare, la strategia del sabotaggio avrebbe meno facilità nel comprimere le libertà individual­i.

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