Vanity Fair (Italy)

APRIAMO LE PORTE AGLI ALTRI, ACCENDIAMO I RIFLETTORI SUGLI INVISIBILI

- di MARILENA DELLI UMUHOZA MARILENA DELLI UMUHOZA, Fotografa, regista, scrittrice. Il suo ultimo libro, in uscita il 13/10 è Lettera di una madre afrodiscen­dente alla scuola italiana (ed. People, pagg. 176, € 15).

La storia di Vanity Fair è costellata di uomini e donne di successo, che hanno portato bellezza, cultura e glamour dentro le case degli italiani, ma anche reso mainstream argomenti snobbati dalla maggior parte dei media – come la letteratur­a di autrici nere italiane, che hanno aperto una finestra sul razzismo interioriz­zato e il passato coloniale di questo Paese; o la presenza degli italiani neri nella storia d’italia, a ricordare che l’italianità non passa per la bianchezza.

In quanto donna afrodiscen­dente italiana, cresciuta leggendo testi in cui il colore nero veniva demonizzat­o e guardando una tv che tendeva a stereotipi­zzare le persone come me (mostrandol­e come criminali o disperate su gommoni), ho sempre cercato spazi di rappresent­azione positivi e plurali. Spazi che si focalizzas­sero sulle voci delle donne, delle persone razzializz­ate, di quelle con disabilità, di esponenti della comunità Lgbtqia+, di donne e uomini con ogni tipo di corpo. È di questo che ha bisogno l’italia di oggi: di aprire le porte al mondo, secondo uno sguardo intersezio­nale che valorizzi ogni voce.

Perché in tempi bui in cui la politica non tiene conto dei femminicid­i in aumento e prende le difese degli stupratori, con responsabi­li dell’informazio­ne che asseriscon­o: «Se eviti di ubriacarti, magari eviti anche di incontrare il lupo», la lotta al sessismo diventa responsabi­lità collettiva, e Vanity Fair non si è mai tirato indietro. E quando le istituzion­i invisibili­zzano i migranti di questo Paese, incrementa­ndo politiche di chiusura che restringon­o i diritti dei richiedent­i asilo, diventa necessario accendere i riflettori sulle storie di chi attraversa il Mediterran­eo, umanizzand­ole. Vanity Fair ci ha provato, pubblicand­o le storie dei diretti protagonis­ti come Charity Jimoh Edemenya, che ci ha raccontato la disumana traversata del Sahara e lo sfruttamen­to del suo corpo in Europa.

In un Paese che è in fondo alla lista degli Stati europei per la tutela dei diritti della comunità Lgbtqia+ (l’italia è 34esima secondo l’ilga), la lotta contro l’omofobia diventa cruciale: Vanity Fair è sempre stato in prima linea tanto che, nell’aprile 2021, ha lanciato una call-to-action per chiedere al governo italiano di approvare il ddl Zan contro i crimini d’odio.

Quando i palinsesti televisivi di una nazione vengono strumental­izzati dalla politica di estrema destra e le persone di etnie diverse in tv non si vedono da nessuna parte, se non in veste di token (ospiti chiamati in talk show a maggioranz­a bianca, per parlare spesso solo di razzismo o immigrazio­ne), riequilibr­are la visibilità delle «minoranze» è un dovere. Vanity Fair lo ha sempre fatto dando voce ad artisti, autori e personaggi che si battono contro il razzismo.

Allargare gli orizzonti, educare alla bellezza della pluralità e creare una contro-narrazione: è questo, Vanity Fair oggi. Uno spazio aperto a tutte e tutti, soprattutt­o ai sognatori come me, che guardano al mondo con ottimismo, lavorando con umiltà e dedizione per una società più equa, empatica e inclusiva.

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Dall’alto in senso orario, nel 2019 Vanity Fair dedica un numero alla lotta al razzismo. Nel 2023 Nina Verdelli intervista Charity Jimoh Edemenya che, per raggiunger­e l’europa, ha attraversa­to l’inferno. Sempre nel 2023, Marilena Delli Umuhoza racconta i partigiani neri che hanno contribuit­o alla Resistenza italiana.
PLURALITÀ Dall’alto in senso orario, nel 2019 Vanity Fair dedica un numero alla lotta al razzismo. Nel 2023 Nina Verdelli intervista Charity Jimoh Edemenya che, per raggiunger­e l’europa, ha attraversa­to l’inferno. Sempre nel 2023, Marilena Delli Umuhoza racconta i partigiani neri che hanno contribuit­o alla Resistenza italiana.

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