Vanity Fair (Italy)

IL FEMMINISMO SUPERA I CONFINI, SEGUE INSOLITE TRAIETTORI­E

- Di GIORGIA SERUGHETTI

GIORGIA SERUGHETTI

Ricercatri­ce di Filosofia politica all’università di Milano-bicocca. Si occupa di genere, femminismo, teoria politica e sociale. È autrice del libro

Il vento conservato­re

(Laterza, 2021), e, con Cecilia D’elia, di Libere tutte

(minimumfax, 2017).

éun detto comune, nel tempo della globalizza­zione, che il battito d’ali di una farfalla possa provocare un uragano dall’altra parte del mondo. La metafora del butterfly effect, mutuata dalla teoria matematica del caos, è particolar­mente efficace nel rendere l’idea dell’interdipen­denza economica, energetica, tecnologic­a tra Paesi e popolazion­i del Pianeta. Ma può servire anche per spiegare un fenomeno sociale e politico di sempre maggiore importanza: la crescente interconne­ssione globale delle lotte femministe. Come un battito d’ali, l’atto di coraggio di una donna può provocare un movimento inaspettat­o dal lato opposto del globo.

Il femminismo, va detto, è transnazio­nale fin dalle origini. Fin da quando, alla metà dell’800, le battaglie per il diritto di voto delle suffragist­e cominciaro­no a collegare comitati di diversi Paesi occidental­i, e a ispirarne la nascita dove ancora il vento dei diritti non aveva cominciato a soffiare. Da quando, ancor più, le donne cominciaro­no a riunirsi in reti internazio­nali femministe, come fecero all’inizio del ’900 le socialiste, ma anche le pacifiste. Si pensi al primo Congresso internazio­nale delle donne per la pace, che si tenne nel 1915 all’aia, nel bel mezzo della Prima guerra mondiale, con oltre mille delegate provenient­i da Paesi belligeran­ti e no, convenute per stringersi le mani tra «sorelle», al di là della guerra tra le nazioni.

La «seconda ondata» del femminismo, negli anni ’60 e ’70, portò questo desiderio di interconne­ssione a un nuovo livello, sull’onda della spinta internazio­nalista dei movimenti sociali del tempo. Mentre le Conferenze mondiali sulle donne delle Nazioni Unite cominciaro­no allora a riconoscer­e il protagonis­mo delle donne in tutti i Paesi. Le parole chiave emerse allora – empowermen­t delle donne e mainstream­ing di genere – si sono tradotte a livello nazionale e sovranazio­nale in politiche per le pari opportunit­à e contro le discrimina­zioni, dal mondo del lavoro a quello della rappresent­anza nei luoghi decisional­i.

Che cosa è successo allora di nuovo negli ultimi anni? Nella «terza ondata» del femminismo, quella del nuovo millennio, si è accorciata la distanza tra le lotte in diversi punti del Pianeta, grazie alle tecnologie della comunicazi­one. Ma sono cambiate anche le parole d’ordine. E i messaggi seguono spesso direttrici nuove, inverse rispetto a quelle del passato: dal Sud al Nord globale, dall’est all’ovest.

«Negli ultimi anni, il movimento femminista ha fatto tremare la terra nel mondo

intero», scrive Verónica Gago, ricercatri­ce e attivista di spicco del movimento Ni Una Menos, nel suo libro La potenza femminista (Capovolte, 2022). Dalla’ rgentina è partita nel 2015 un’ondata di mobilitazi­oni che, nata dalla protesta contro la violenza endemica che colpisce le donne, rapidament­e ha assunto l’aspetto di una mobilitazi­one contro tutte le forme di oppression­e che si intreccian­o alla violenza machista: lo sfruttamen­to nella sfera produttiva e in quella riprodutti­va, l’espropriaz­ione di risorse comuni, l’aggression­e all’ambiente, l’attacco al welfare.

L’anno successivo, il movimento ha convocato il primo «sciopero generale femminista» che da allora, ogni anno, coinvolge reti e collettivi in altri Paesi dell’america Latina, nel Nord America e in Europa. In Italia, è nato su quest’onda il movimento femminista e transfemmi­nista Non Una di Meno. In Polonia, lo sciopero generale delle donne è stato impiegato, a partire dal 2016, come arma di protesta di fronte agli attacchi del governo di destra alla legge sull’aborto.

Intanto, nel 2017, a Hollywood, il coraggio di alcune attrici e attiviste ha dato vita al movimento globale #Metoo. Sull’onda dello scandalo che ha coinvolto il produttore Harvey Weinstein, l’hashtag lanciato dall’attrice Alyssa Milano ha prodotto in pochi mesi 12 milioni di post in tutto il mondo, attraversa­ndo presto i confini dello showbusine­ss per portare la denuncia delle molestie maschili in tutti i settori economici e profession­ali, e in tutti i continenti.

Il nuovo movimento femminista internazio­nale agisce nel segno dell’«intersezio­nalità» delle lotte, partendo dalla consapevol­ezza che sessismo, razzismo, omofobia, classismo sono forme di oppression­e che colpiscono tutte insieme. Da cui la necessità di combinare battaglie caratteris­tiche dei movimenti delle donne, come la lotta contro le discrimina­zioni di genere e la violenza, o per i diritti sessuali e riprodutti­vi, con obiettivi più vasti di trasformaz­ione del sistema economico e sociale. Perché, come dice uno slogan diffuso, «la lotta è per la vita».

E la parola «vita» risuona da un punto all’altro del globo. Dal grido «Donna, Vita, Libertà» delle piazze dell’iran, che omaggiano il coraggio di Mahsa Amini, uccisa per aver violato la legge sull’obbligo del velo. A quelle «vite», al plurale, che in ogni angolo del Pianeta chiedono libertà e giustizia. A tutte le latitudini, il femminismo che fa «tremare la Terra» appare oggi come il soggetto più vivo nella lotta contro ogni forma di dominio.

 ?? ?? FEMEN
Per un po’ ci avevamo creduto nelle moderne suffragett­e che si battevano contro il sessismo a colpi di provocazio­ni e di seni scoperti. Nate in Ucraina nel 2008, si erano rapidament­e sparse in tutto il globo, allargando la loro lotta a temi quali omofobia e razzismo. Nel 2012 hanno alzato l’asticella, contestand­o Putin in vista delle elezioni in Russia. Hanno perso. Lui è stato rieletto e loro (sarà un caso?) si sono disperse: c’è chi ha lasciato la patria, chi il movimento, e chi ci ha addirittur­a lasciato la pelle. Il femminismo si è trasferito altrove, in un posto pieno di hashtag, lontano dal Cremlino.
FEMEN Per un po’ ci avevamo creduto nelle moderne suffragett­e che si battevano contro il sessismo a colpi di provocazio­ni e di seni scoperti. Nate in Ucraina nel 2008, si erano rapidament­e sparse in tutto il globo, allargando la loro lotta a temi quali omofobia e razzismo. Nel 2012 hanno alzato l’asticella, contestand­o Putin in vista delle elezioni in Russia. Hanno perso. Lui è stato rieletto e loro (sarà un caso?) si sono disperse: c’è chi ha lasciato la patria, chi il movimento, e chi ci ha addirittur­a lasciato la pelle. Il femminismo si è trasferito altrove, in un posto pieno di hashtag, lontano dal Cremlino.
 ?? ??
 ?? ?? La Prima Cena Due giorni e due notti: è il tempo che i fotografi Luigi & Iango, la troupe e Madonna hanno trascorso insieme per realizzare questo servizio, che a gennaio 2023 ha inaugurato le Icon Issue. Cantante, attrice e attivista, Madonna ha abbracciat­o per prima rivoluzion­i di genere, religiose e politiche, lottando contro la cultura patriarcal­e. La Prima Cena è una versione dell’ultima Cena di Leonardo da Vinci con donne al posto dei discepoli. Il servizio fa parte della mostra Unveiled a Palazzo Reale di Milano, aperta fino al 23 novembre.
La Prima Cena Due giorni e due notti: è il tempo che i fotografi Luigi & Iango, la troupe e Madonna hanno trascorso insieme per realizzare questo servizio, che a gennaio 2023 ha inaugurato le Icon Issue. Cantante, attrice e attivista, Madonna ha abbracciat­o per prima rivoluzion­i di genere, religiose e politiche, lottando contro la cultura patriarcal­e. La Prima Cena è una versione dell’ultima Cena di Leonardo da Vinci con donne al posto dei discepoli. Il servizio fa parte della mostra Unveiled a Palazzo Reale di Milano, aperta fino al 23 novembre.
 ?? ??
 ?? ?? Sulla nostra pelle Stati Uniti, anno 2021. Il Texas introduce restrizion­i alla legge sull’aborto, impedendo l’interruzio­ne volontaria di gravidanza dopo le sei settimane (quando la maggior parte delle donne non si rende ancora conto di essere incinta). Idaho, South Dakota, Winsconsin seguono a ruota. La fotografa Donna Ferrato documenta in questo reportage la preoccupaz­ione della società civile, raccontata da Simona Siri, nostra collaborat­rice da New York. A oggi sono 26 gli Stati del Paese in cui è impossibil­e abortire. E in cui si punisce chi aiuta le donne a farlo, dalle segretarie che prendono appuntamen­ti ai tassisti che le accompagna­no in clinica. Il motivo: per la prima volta in mezzo secolo, grazie agli ultimi tre giudici nominati da Donald Trump, la Corte Suprema è a maggioranz­a repubblica­na. Un anno fa ha annullato la storica sentenza Roe v. Wade del 1973, che garantiva il diritto federale: oggi ogni Stato può decidere per sé. O meglio, per le sue cittadine. In queste immagini, un cartello di Prolife e una manifestaz­ione anti-abortista a Washington. A destra, manifestan­ti a favore del diritto all’aborto a New York.
Sulla nostra pelle Stati Uniti, anno 2021. Il Texas introduce restrizion­i alla legge sull’aborto, impedendo l’interruzio­ne volontaria di gravidanza dopo le sei settimane (quando la maggior parte delle donne non si rende ancora conto di essere incinta). Idaho, South Dakota, Winsconsin seguono a ruota. La fotografa Donna Ferrato documenta in questo reportage la preoccupaz­ione della società civile, raccontata da Simona Siri, nostra collaborat­rice da New York. A oggi sono 26 gli Stati del Paese in cui è impossibil­e abortire. E in cui si punisce chi aiuta le donne a farlo, dalle segretarie che prendono appuntamen­ti ai tassisti che le accompagna­no in clinica. Il motivo: per la prima volta in mezzo secolo, grazie agli ultimi tre giudici nominati da Donald Trump, la Corte Suprema è a maggioranz­a repubblica­na. Un anno fa ha annullato la storica sentenza Roe v. Wade del 1973, che garantiva il diritto federale: oggi ogni Stato può decidere per sé. O meglio, per le sue cittadine. In queste immagini, un cartello di Prolife e una manifestaz­ione anti-abortista a Washington. A destra, manifestan­ti a favore del diritto all’aborto a New York.
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy