LE PROMESSE DA MANTENERE
In questi anni è aumentata la consapevolezza che dobbiamo agire con urgenza per contrastare il cambiamento climatico. D’altra parte, però, sono aumentate le promesse non mantenute da parte dei governi sulla riduzione dei gas climalteranti. Anzi, le industrie che inquinano continuano a ricevere sussidi pubblici superiori a quelli che destiniamo alla produzione verde, e quindi la conversione verso un’economia davvero sostenibile per ora è un miraggio.
Cosa succederà se continueremo ad andare avanti con promesse disattese? I governi, Italia compresa, sono ormai fuori tempo massimo per rispettare gli impegni presi di riduzione dei gas serra per evitare un aumento della temperatura di 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. Significa che stiamo andando incontro a un aumento di 2, 3, c’è chi dice fino a 4 gradi della temperatura terrestre, che farà sì che siccità, inondazioni e uragani entreranno a far parte del nostro quotidiano. E altrettanto preoccupante è che questa inerzia da parte dei governi potrebbe spingere a risposte sempre più estreme da parte della società civile. L’attenzione è ora concentrata sui ragazzi di Ultima Generazione, che con coraggio bloccano le strade e imbrattano le opere d’arte per costringere i potenti e la società civile ad agire. Queste manifestazioni però, ce lo dicono i dati, non stanno funzionando, nel senso che i governi non hanno messo in atto le misure per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, come dice l’accordo di Parigi. È plausibile pensare che possa esserci un’escalation dei movimenti per il clima e che la direzione possa essere quella della violenza?
Sta facendo molto discutere il libro di Andreas Malm, professore e attivista svedese, dal titolo autoesplicativo Come far saltare un oleodotto. A partire anche dalla sua esperienza personale, Malm sostiene che la nonviolenza che ha guidato i movimenti ambientalisti fino a oggi rappresenta il maggiore ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi, e che bisognerebbe passare a un altro tipo di azione. Quale? Il sabotaggio, come mezzo di legittima difesa dalle attività altamente inquinanti. Gli obiettivi diventano quindi gli oleodotti, da cui trae il titolo del libro e del film a esso ispirato, uscito negli Usa nell’aprile di quest’anno, ma anche i veicoli Suv. Sempre più diffusi – si stima che quasi metà delle auto vendute lo scorso anno fossero un Suv – consumano il 20% in più di carburante di un normale veicolo. È per questo che anche da noi negli scorsi mesi hanno colpito gli attivisti di Tyre Extinguishers. A fine luglio a Torino una settantina di proprietari di Suv si sono ritrovati le ruote sgonfiate e un cartello sul tergicristalli: «Vogliamo che possedere auto come questa diventi sconveniente, come la loro diffusione è sconveniente per tutti».
Su questo e altri episodi stanno indagando le forze dell’ordine, ma nel frattempo dovremmo anche indagare per capire come invertire la rotta e costringere i governi, la finanza e i grandi gruppi industriali a investire sul nostro futuro e quello della Terra.
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