Vanity Fair (Italy)

SCUOLA: più giusta, più equa

- VIOLA ARDONE Insegna Latino e Italiano al liceo, autrice di Grande meraviglia (Einaudi).

La scuola del futuro non ci sarà più. Ogni alunno resterà in casa con un paio di occhialoni ficcati in testa che gli permettera­nno di attraversa­re le strade dell’impero romano, di curiosare all’interno del nucleo o di passeggiar­e solitario per Trafalgar Square. Il professor Gpt correggerà le verifiche dallo schermo del tablet e non esisterà più il problema del bullismo sempliceme­nte perché non esisterà più la classe. Si imparerà la solitudine, la separazion­e, la vita a 10G, eternament­e connessa alla rete ma scollegata dalla realtà. Ognuno sarà il primo della classe, anzi l’unico.

La scuola del presente invece è molto difettosa, è vero. È fatta di lavagne scassate, di tetti da coibentare, di aule affollate e chiassose, da professori a volte stanchi che portano davanti al teatro della classe anche la loro umana imperfezio­ne. Eppure è in quella imperfezio­ne che si impara, in quel difetto che si cresce, mica andando a «zappare l’orto» quando se ne combina una grossa, come vorrebbero certe nuove disposizio­ni.

La scuola che vorrei dovrebbe essere la versione più giusta ed equa di quella del presente. Dovrebbe insegnare a stare in mezzo agli altri e non da soli, a prendere bei voti ma soprattutt­o a incassare quelli negativi. Dovrebbe puntare non sul merito ma sulla collaboraz­ione, perché lo studio non è una gara a punti ma un’attitudine che si costruisce con l’esperienza. La scuola in cui speriamo sarà più bella, più comoda e più ricca: sia di idee che di risorse. I professori saranno meglio pagati e i ragazzi non si lamenteran­no della mancanza di palestre e laboratori, del caldo e del freddo, delle sedie e dei banchi rotti. Saremo aperti al nuovo ma con i piedi piantati nella Storia, che tornerà a essere studiata insieme all’educazione civica e alla Geografia.

La scuola che verrà dobbiamo farla insieme, costruirla dal basso, come un edificio a più piani perché nessun ministro può credere di riformarla senza ascoltare le esigenze e le idee di quelli che la vivono ogni giorno tra meraviglie e disastri, tra clamorosi fallimenti e minime luminose vittorie.

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