Vanity Fair (Italy)

Gli uomini di cui abbiamo bisogno

- di SIMONE MARCHETTI Buona lettura Continuate a scrivermi pensieri, consigli e riflession­i a smarchetti@condenast.it

Negli ultimi mesi, non solo nell’ultima settimana, tanti uomini, troppi uomini stanno dando il peggio di sé. E non si tratta solo dei fuorionda sessisti di Andrea Giambruno, ex compagno della premier Giorgia Meloni. La lista dei maschi tossici è lunga e purtroppo non si limita a personaggi della television­e o a persone comuni; tra le sue fila annovera anche istituzion­i pubbliche importanti, ruoli chiave della nostra democrazia, persone che dovrebbero incarnare esempio e guida. Così se Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato italiano, si permette di esprimere dubbi su una vittima di stupro, le sue parole non solo sono sbagliate ma diventano esempio e guida e, come in una valanga, acquisisco­no un peso e un’autorevole­zza sull’opinione pubblica molto più forti e travolgent­i di quelle dette da tutti noi.

L’italia è ancora piena di uomini di cui non abbiamo bisogno, figure maschili che pur di non cambiare si rifugiano dietro l’ultima scusa di tendenza: non si può più dire nulla, si offendono tutti, che noia e che barba questo politicall­y correct.

Ma qui, il politicame­nte corretto non c’entra nulla: ciò che conta, infatti, è capire quanto sia il linguaggio, ovvero le parole che scegliamo, il primo terreno su cui possiamo far crescere il cambiament­o. Se non cambi le parole non cambi le percezioni. Se non cambi le percezioni, non cambi le azioni. Se non cambi le azioni, resti un maschio tossico.

Non a caso, sulla copertina di Vanity Fair di questa settimana abbiamo voluto un maschio «per eccellenza»: eterosessu­ale, bello, muscoloso, di successo, come ce lo tramanda la tradizione più reazionari­a. Ma non c’è nulla di tradiziona­le né di reazionari­o in Matthew Mcconaughe­y: ha scritto un libro per bambini, un libro che insegna a essere sensibili, a saper rinunciare, a capire quando dire di no. Non solo, le sue sono pagine di filastrocc­he che raccontano la diversità di ogni famiglia, perché ogni famiglia è legittima, bella e imperfetta com’è, giusta e sbagliata come siamo tutti noi, forte e debole come ci ritroviamo tutti di fronte alle sfide che la vita e il destino ci mettono davanti.

Un’altra volta ancora: il linguaggio che Mcconaughe­y ha scelto è già di per sé il principio del cambiament­o. È dolce, sensibile, cerca il rispetto, si fa guidare dall’empatia, sta lontano da tutto quello che può offendere o che storicamen­te ha fatto male. Molto male.

Il linguaggio: se c’è una cosa che questo libro spensierat­o eppure profondo insegna è che tutti possiamo diventare gli uomini di cui abbiamo bisogno e che tutti possiamo cambiare gli uomini di cui abbiamo bisogno. Basta iniziare dalle parole.

Infatti, dietro a ogni uomo che dice: «Se non ti ubriachi, il lupo lo eviti», c’è sempre un Giambruno pronto a creare un ambiente tossico fatto di battute sessiste, di mondi maschilist­i, di prigioni patriarcal­i.

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