Gli uomini di cui abbiamo bisogno
Negli ultimi mesi, non solo nell’ultima settimana, tanti uomini, troppi uomini stanno dando il peggio di sé. E non si tratta solo dei fuorionda sessisti di Andrea Giambruno, ex compagno della premier Giorgia Meloni. La lista dei maschi tossici è lunga e purtroppo non si limita a personaggi della televisione o a persone comuni; tra le sue fila annovera anche istituzioni pubbliche importanti, ruoli chiave della nostra democrazia, persone che dovrebbero incarnare esempio e guida. Così se Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato italiano, si permette di esprimere dubbi su una vittima di stupro, le sue parole non solo sono sbagliate ma diventano esempio e guida e, come in una valanga, acquisiscono un peso e un’autorevolezza sull’opinione pubblica molto più forti e travolgenti di quelle dette da tutti noi.
L’italia è ancora piena di uomini di cui non abbiamo bisogno, figure maschili che pur di non cambiare si rifugiano dietro l’ultima scusa di tendenza: non si può più dire nulla, si offendono tutti, che noia e che barba questo politically correct.
Ma qui, il politicamente corretto non c’entra nulla: ciò che conta, infatti, è capire quanto sia il linguaggio, ovvero le parole che scegliamo, il primo terreno su cui possiamo far crescere il cambiamento. Se non cambi le parole non cambi le percezioni. Se non cambi le percezioni, non cambi le azioni. Se non cambi le azioni, resti un maschio tossico.
Non a caso, sulla copertina di Vanity Fair di questa settimana abbiamo voluto un maschio «per eccellenza»: eterosessuale, bello, muscoloso, di successo, come ce lo tramanda la tradizione più reazionaria. Ma non c’è nulla di tradizionale né di reazionario in Matthew Mcconaughey: ha scritto un libro per bambini, un libro che insegna a essere sensibili, a saper rinunciare, a capire quando dire di no. Non solo, le sue sono pagine di filastrocche che raccontano la diversità di ogni famiglia, perché ogni famiglia è legittima, bella e imperfetta com’è, giusta e sbagliata come siamo tutti noi, forte e debole come ci ritroviamo tutti di fronte alle sfide che la vita e il destino ci mettono davanti.
Un’altra volta ancora: il linguaggio che Mcconaughey ha scelto è già di per sé il principio del cambiamento. È dolce, sensibile, cerca il rispetto, si fa guidare dall’empatia, sta lontano da tutto quello che può offendere o che storicamente ha fatto male. Molto male.
Il linguaggio: se c’è una cosa che questo libro spensierato eppure profondo insegna è che tutti possiamo diventare gli uomini di cui abbiamo bisogno e che tutti possiamo cambiare gli uomini di cui abbiamo bisogno. Basta iniziare dalle parole.
Infatti, dietro a ogni uomo che dice: «Se non ti ubriachi, il lupo lo eviti», c’è sempre un Giambruno pronto a creare un ambiente tossico fatto di battute sessiste, di mondi maschilisti, di prigioni patriarcali.