Buona notizia: aumentano i pagamenti digitali
Telenovela fisco: evasione e contanti, ma con lieto fine, forse. L’ultima volta che ho litigato è stata la settimana scorsa, negozio di alimentari di Varazze. Finita la spesa il tizio, che assomigliava a un giovane Scrooge, mi ha detto spiacente, ho il Pos guasto. Che disdetta, dico io. E lui: ma qui di fronte c’è un bancomat, lei va, preleva, torna e mi paga. Ma non mi dica, gli ho detto. Si è seccato, le sembra complicato? Complicato no, ma facciamo una bella cosa: lei si tiene i funghi porcini, le olive, il crudo, il basilico, i pomodori, la spesa che volevo portare alla cena di una mia amica. Io mi tengo i tre limoni. Anzi ne prendo due per il Gin Tonic, basteranno. Quanto fa, un euro e cinquanta, giusto? Glieli do in contanti.
Uscendo ho pensato ai tassisti che ancora usano la stessa scusa del Pos guasto, sempre dicendotelo all’ultimo. Ai baristi che a ogni giro di caffè e croissant ripetono: non ce li ha spicci? Ai ristoranti di paese che un tentativo lo fanno sempre. Ai mitici idraulici che prima di farti il conto ti chiedono: con ricevuta o senza? L’italia è ostinata, impunita e resiliente, ho pensato, non cambieremo mai.
Poi l’altro giorno una buona notizia è scesa dal cielo dei numeri a illuminare di luce nuova l’eterna battaglia tra i fessi che le prendono e i furbi che le danno. I mille chilometri di vantaggio del contante sui pagamenti digitali – nell’italia di appena cinque anni fa – si stanno riducendo a quasi zero. Entro il prossimo anno ci sarà l’ex aequo se non il sorpasso. In spiccioli sonanti vuol dire che la metà dei 1.100 miliardi che spendiamo in pagamenti ogni anno, non passeranno più da un portafoglio all’altro, ma viaggeranno in byte attraverso le carte di credito, il Pos, gli smartphone, i bonifici. Lo ha appena certificato l’ultimo rapporto dell’osservatorio Pagamenti innovativi del Politecnico di Milano. Musica per le orecchie del fisco, visto che almeno un terzo delle transazioni in contanti finisce nei sotterranei dell’evasione fiscale. Un tunnel che ancora oggi vale non meno di 100 miliardi l’anno e che ci rende la pecora nera d’europa.
La grande accelerazione, dice il rapporto, l’ha imposta il covid, quando si consigliava di non usare il denaro come precauzione anti-contagio. In tanti scoprirono quanto era più comodo, igienico e persino moderno, usare un click invece delle banconote. Ma un po’ del merito ce l’ha anche quel milione di parole speso per dissuadere tutti dall’uso del contante proprio per combattere l’economia sommersa e quella malavitosa, quando il governo Meloni, appena insediato, voleva alzare la soglia dei contanti a 10 mila euro. E Matteo Salvini salmodiava ai comizi il diritto dei cittadini di usare il proprio denaro come volevano, in nome della «libertà, libertà!». Specialmente gli anziani, i pensionati che non hanno familiarità con i privilegi digitali «della sinistra radical chic». E che d’abitudine girano con 10 mila euro in tasca, specialmente i più poveri, e non vedono l’ora di spenderli tutti dal mio ex fruttivendolo.