Vanity Fair (Italy)

UN PICCOLO GRANDE MONDO

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Si pensa all’ascensore come macchina moderna, ma già dai tempi di Vitruvio (I sec a.c.) si disegnavan­o modelli azionati a mano per trasportar­e materiali bellici da terra alla cima delle fortificaz­ioni. Il primo ascensore per il trasporto di persone si deve a Elisha Otis, a New York, che ne depositò il brevetto nel 1853 presentand­olo poi l’anno successivo all’esposizion­e Internazio­nale. Oggi gli ascensori più moderni sono spesso espression­e di design, più veloci rispetto a quelli di inizio ’900, peraltro eleganti nelle loro cabine di ferro e vetro, con i decori floreali e geometrici dell’epoca. Anche l’ascensore ha un suo galateo. Chi entra a un piano intermedio dovrebbe salutare chi già c’è e premere il pulsante relativo al suo piano. Ma spesso accade che chi entra non saluti e, anche peggio, che ordini con tono perentorio, al «quarto», «al quinto», come se ci fosse un lift boy. Poca educazione, noncuranza e sgarbo, ecco atteggiame­nti da evitare. L’ascensore può anche diventare, per brevi momenti, un luogo di conoscenza e conversazi­one. I fan dei Måneskin saranno felici di sapere che il chitarrist­a Thomas, entrando in ascensore, ha salutato e ha amabilment­e risposto ai compliment­i dei presenti. Ecco un caso in cui una mamma ha lavorato molto bene, in tutti i sensi.

Avvocato, esperta di storia della cucina e di arte del ricevere, cuoca appassiona­ta e collezioni­sta di testi dedicati alla gastronomi­a. Ha scritto il libro Dizionario irresistib­ile di storie in cucina (2021, Cairo).

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