PENSIERO GREEN
I MATERIALI CERTO, MA ANCHE LA FILIERA E L’ENERGIA CONSUMATA PER LA PRODUZIONE: QUANDO IL DESIGN PUÒ DIRSI ECO?
La domanda di partenza è sempre la stessa: come si può rendere un prodotto più sostenibile? Che sia un tavolo, una sedia, un tappeto o una poltrona non importa, per il brand Connubia il progetto si avvia solo se il risultato può avere un’anima green. «In azienda abbiamo degli indicatori interni e diamo un numero, da 0 a 100, composto da una serie di valutazioni: qual è il materiale, se il prodotto si può disassemblare, quanto è lunga la filiera, quanta energia è stata usata per realizzare quel pezzo, quant’è l’ingombro dell’oggetto da trasportare e via così, con tutta una serie di fattori analizzati. Marchiamo l’articolo con un “I am green” se raggiunge almeno 70 come punteggio». Massimo Cian (nella foto sopra), brand manager di Connubia, si occupa della produzione oltreché della parte strategica e commerciale, perché è solo nella visione di insieme che un pezzo di design può dirsi più o meno sostenibile. «Bisogna anche essere realistici perché noi abbiamo una produzione industriale e dobbiamo tenere d’occhio il prezzo finale. In giro ci sono progetti bellissimi, ma che non potrebbero essere sviluppati sui grandi numeri e la sfida è invece proprio quella. Per fortuna oggi anche le multinazionali si stanno muovendo ed è più facile creare sinergie virtuose». E così, per esempio, la premiatissima poltrona Reef è imbottita con vecchi materassi e poliuretano recuperato dai sedili delle auto: «Ci siamo appoggiati a una start up, che macina, sanifica e compatta ciò che poi può servire di nuovo per creare altro». La ricerca non finisce mai: «E ora», continua Massimo Cian, «dopo i nostri nuovi piani in Eco-stone, il materiale ricavato dal recupero della vetroresina, abbiamo realizzato una scocca in tetrapak riciclato: nessuno sa mai dove buttarlo (carta? plastica?) e noi abbiamo trovato il modo per farne un pezzo di design rivoluzionario».