Vanity Fair (Italy)

L’ARTE DI SAPER PROTESTARE

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Negli ultimi anni i ristoranti sono molto cresciuti, così come le trasmissio­ni attinenti al cibo, segno dell’interesse per le buone offerte gastronomi­che, dagli chef stellati alle trattorie. Non sempre però i clienti sono contenti: a volte per le eccessive innovazion­i, a volte per la cottura troppo indietro, altre per un servizio che può sconfinare nello snobismo o nella presunzion­e. Di conseguenz­a il cliente che paga il conto (a volte salato) decide di non tornare più lì. Anni fa fui invitata da amici in un ristorante che aveva appena ottenuto una stella Michelin. Arrivò un primo piatto: si trattava di rigatoni, presentati «in piedi», e fu facile capire perché: erano quasi crudi. Non al dente, molto di più. Non toccai la pietanza, che ritornò in cucina. Cinque minuti dopo si materializ­zò il giovane chef, chiedendo perché. Gli risposi che da bravo cuoco quale era avrebbe compreso quale fosse il problema. E così, dopo un quarto d’ora, tornò lui stesso, con il piatto in mano, e me lo servì dicendo che sperava di avermi accontenta­to, ringrazian­do per la collaboraz­ione. Oggi le sue stelle sono aumentate, e non a caso. C’è chi ascolta perché sa che si può sempre errare e imparare. Pochi clienti protestano in maniera adeguata, la collaboraz­ione invece è sempre ben accettata da chi fa un mestiere che è rivolto a rendere felice il pubblico e spesso è anche arte.

Avvocato, esperta di storia della cucina e di arte del ricevere, cuoca appassiona­ta e collezioni­sta di testi dedicati alla gastronomi­a. Ha scritto il libro Dizionario irresistib­ile di storie in cucina (2021, Cairo).

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