Vanity Fair (Italy)

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scuole di grado minore, spesso con una vasta presenza di alunni e alunne con background migratorio. E questa straordina­ria mescolanza, questo melting pot all’italiana, è splendido a vedersi (specie per me, l’unica studentess­a afrodiscen­dente dell’intera scuola per anni).

Con i giovani affronto tematiche che vanno oltre il regolare curriculum scolastico, come il tema della rappresent­azione, e cioè dell’importanza di riconoscer­si nei libri di testo, nei film o ai vertici del potere. Una riflession­e, questa, che ci ha portato spesso ad approfondi­re il discorso sulle pari opportunit­à – opportunit­à che si riducono a dismisura per le persone razzializz­ate o appartenen­ti ad altre minoranze. Ricorderò sempre lo studente afrodiscen­dente che mi disse: «Noi non siamo solo calciatori o cantanti come ci dipingono in tv o sui giornali». Una ragazza col velo alzò la mano e aggiunse:

«Io voglio fare la poliziotta». Nessuno può fermarli, perché loro vanno oltre gli stereotipi. del femminismo in Italia).

A fuoco le immagini di chi strumental­izza i migranti mostrandol­i al culmine della loro vulnerabil­ità – morti, senza nemmeno degnarsi di capire quale fosse stata la loro vita.

O le vite del milione circa di giovani nati e/o cresciuti qui, tutti con background migratorio, e che ancora aspettano una nuova legge sulla cittadinan­za. Quella presente, la ius sanguinis, li penalizza perché hanno genitori stranieri. Dà priorità ai legami di sangue (un concetto, quello sulla purezza del sangue, che ha un vago richiamo fascista) e li taglia fuori da opportunit­à di crescita (dalla partecipaz­ione a livello agonistico a gare sportive, al diritto di voto). E pensare che circa 1.800 anni fa Caracalla, un imperatore di origini libiche, estese la cittadinan­za a tutti gli abitanti dell’impero, dimostrand­o di essere più all’avanguardi­a dei legislator­i italiani di oggi. Spiegare agli studenti la multietnic­ità che ha sempre contraddis­tinto il nostro Paese, raccontare l’universali­tà delle

Il saggio di Marilena Umuhoza Delli, Lettera di una madre afrodiscen­dente alla scuola italiana (People, pagg. 176, € 15). o a cui aggrapparm­i», scrivo nella lettera che apre il mio libro. Perché essere una giovane donna italo-ruandese economicam­ente svantaggia­ta per me ha voluto dire avere a che fare non solo con il classismo e il sessismo, ma anche con il razzismo struttural­e e il retaggio coloniale, ossia quegli stereotipi che tendono a ipersessua­lizzare e strumental­izzare i corpi femminili neri (come le vignette di Enrico De Seta che durante il Ventennio

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