Dovevo SALVARMI
Da Mare fuori all’ultima commedia di Giovanni Veronesi. Serena de Ferrari ha finalmente tirato fuori la voce
La prima volta che Serena de Ferrari si è innamorata è stato a 13 anni, folgorata da un flautista che frequentava il suo stesso conservatorio. «Ero pazza di lui, ma il giorno della Festa della donna aveva in mano delle mimose destinate a una mia compagna». È partita proprio da quel primo amore per interpretare la Giulietta di Romeo è Giulietta, il nuovo film di Giovanni Veronesi nel quale presta il volto a un’attrice in rapida ascesa che, a un certo punto, finisce sulla copertina di Vanity Fair. «Avevo bisogno di ritrovare quel sentimento così puro per essere credibile sulla scena», spiega de Ferrari che, da quando ha lasciato Mare fuori, sta andando incontro a una nuova giovinezza capace di allontanare le nubi con cui si è confrontata in passato.
La ricerca dell’amore aiuta a combattere la solitudine: lei come sta da sola?
«Penso che la mia solitudine sia “fiorita”. L’anno scorso la vivevo in maniera molto più tormentata».
Che cosa è cambiato?
«Finalmente, giorno dopo giorno, ho riscoperto un pezzettino di amore in più per la vita. Non è scontato: ho sofferto di depressione e in quel periodo non amavo niente, neanche me stessa. La terapia mi ha resa libera e mi ha permesso di ritrovare i colori che avevo perso».
Che cosa ha capito di più di sé stessa con la terapia?
«Che era importante smettere di massacrarmi. Mare fuori ha portato la fama, ma anche l’apparenza. Ho sentito il bisogno di fare un passo indietro per ritrovare la mia dimensione di artista. Per esempio, di recente ho ricominciato a cantare».
Che cosa temeva di più dopo Mare fuori?
«Di rimanere incastrata nel ruolo della cattiva, ma per fortuna non è successo. Detto questo, Viola mi ha permesso di prendere parte a un movimento sulla salvaguardia della salute mentale che mi ha portata nelle università e negli ospedali. Il messaggio lanciato è semplice e perciò efficace: c’è sempre una via d’uscita».
Lei quando l’ha trovata?
«Quando una mia amica, di ritorno da New York, mi ha detto che dovevo salvarmi. Mi sono fatta un tatuaggio sul braccio che riprende la frase di una psichiatra: “Non tutte le storie che non cominciano bene finiscono male”. Ed è importante capire che la possibilità di curarsi, “di uscire dall’inverno”, esiste ed è reale. Senza la scienza, la psicoterapia, non so quante estati avrei visto. Ai giovani mi piacerebbe, nel mio piccolo, insegnare questo: c’è sempre la speranza di poter rivedere i colori, e si è molto più forti quando si chiede aiuto».
Che cosa c’è nel suo futuro?
«La voglia di portare avanti la musica insieme alla recitazione. Sarebbe folle voltare le spalle al mio primo amore, ora che l’ho ritrovato».
Il futuro di molte ragazze coincide con il matrimonio e la maternità.
«Tante persone mi chiedono come farò ad avere una famiglia con il lavoro che mi sono scelta, come se la mia realizzazione passasse per forza da questo, come se sognare in grande fosse difficile. Per me non lo è, anzi, fatico a tollerare chi non se lo concede».