Vanity Fair (Italy)

Il dolore è HARD POP

Con Posso solo amare Paolo Ruffini ragiona su disagi e malattie, e affronta così il tema più consumato di tutti

- Di LAURA PEZZINO

La meta del viaggio non è la guarigione, ma la cura». Posso solo amare di Paolo Ruffini è un libro sorprenden­te: perché le sue otto storie sono parabole dell’amore più puro – quello verso chi soffre di una malattia non guaribile, come la’ lzheimer, il Parkinson e altre –, e perché riesce a parlare in maniera diversa del tema, forse, più consumato di tutti.

L’amore, ancora.

«È una provocazio­ne. Oggi conta più il social del sociale. L’amore, che è un elemento sociale, mi sembra in realtà molto meno considerat­o di altri argomenti social».

Da anni si occupa di tematiche, appunto, sociali. Come ha iniziato?

«Mi piacerebbe avere una risposta eroica, ma non ce l’ho. Sono uno che si annoia molto, e mi sono trovato a vivere in un’epoca in cui la banalità e l’odio sovrastano tutto. Perciò ho finito per interessar­mi a cose che mi avvicinass­ero un po’ a dei concetti di vita. Scrivere un libro che facesse ragionare su disagi e malattie mi è sembrato molto pop. Il fatto che il dolore sia considerat­o una “nicchia” è una grande sciocchezz­a: il dolore è una roba hard pop».

Scrive che l’amore non risiede nel corpo.

«È una riflession­e nata dall’incontro con Franco, la prima storia. Teresa, sua moglie, inizia a soffrire di Alzheimer precocemen­te e a un certo punto lui pensa che lei non gli dimostri più amore. Finché poi c’è un “risveglio”, un fenomeno che capita a chi soffre di questa malattia, che gli fa fatto capire il contrario, del tipo: “Io non so chi sei, ma ti amo”. Ciò significa che l’amore non risiede nel cervello o nel corpo, ma in un altrove fatto di anima e universo».

L’ultima storia riguarda Claudia, «la mia ex moglie, la mia migliore amica, la mia famiglia».

«Credo sia stata lei, che soffre di disturbo da panico, ad aprirmi alla sensibilit­à che mi ha portato ad affrontare anche tematiche gravi».

Vi amate ancora.

«Abbiamo un rapporto bellissimo. Perché due persone che sono state insieme dieci anni, quando si lasciano, è normale che si possano odiare e non è normale che si possano ancora amare?».

È single. È pronto a ri-innamorars­i?

«Mi manca l’amore di relazione, anche perché sono stato lasciato e soffro di una forte sindrome abbandonic­a. Ma dobbiamo smetterla di pensare che l’amore debba corrispond­ere alla casella della felicità. Quando ci innamoriam­o di qualcuno, gli consegniam­o il potere di ferirci, perché l’indomani può dirci non ti amo più. Ma chi se ne priva per paura è un vigliacco. Perché dopo il dolore, arriva inevitabil­mente un’altra chiamata e tu rientri dentro il gioco».

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Paolo Ruffini, 45 anni, è tante cose: attore, conduttore regista. E scrittore. Il suo libro s’intitola Posso solo amare
(Baldini+castoldi, pagg. 288, € 18).
IN LIBRERIA Paolo Ruffini, 45 anni, è tante cose: attore, conduttore regista. E scrittore. Il suo libro s’intitola Posso solo amare (Baldini+castoldi, pagg. 288, € 18).
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