La mia vita CON JO
Dopo quello di Lisbeth Salander, Noomi Rapace ha trovato un altro ruolo che l’ha assorbita completamente: l’astronauta e madre protagonista di Constellation
Noomi Rapace (si dice «rapas», ma l’attrice svedese ama anche la pronuncia italiana) aveva rivelato, anni fa, quanto desiderasse scrollarsi di dosso Lisbeth Salander, personaggio iconico di Uomini che odiano le donne. «Volevo chiudere con lei, ma non ci riuscivo», ha rivelato, ricordando che durante l’ultimo giorno sul set aveva vomitato per mezz’ora, come se «il corpo dovesse espellere quella presenza che aveva occupato tanto spazio nella mia vita». A lungo ha cercato di non lasciarsi assorbire da altri ruoli, ma con Jo, eroina della fantascientifica Constellation (dal 21/2 su Apple Tv+), è stato diverso: «Ho percepito parecchie affinità, specie da mamma, così mi sono lasciata sopraffare da lei. E, anche se sono molto autocritica, alla fine mi sono sentita orgogliosa del mio lavoro».
Il rapporto madre-figlia è il cuore della storia.
«Jo ha dovuto lasciare Alice per una missione nello spazio: sono state lontane per mesi. Jo ha rischiato di non tornare sulla Terra. Quando riabbraccia Alice, la trova fragile, instabile: la guarda e vede una ragazzina che assomiglia alla figlia ma non le sembra più lei. Per una mamma è il peggiore degli incubi. Per me entrare in contatto con
Jo è stato difficile, gratificante e doloroso».
Dare vita a storie e personaggi è una forma di maternità?
«Sì, lo è. Ed essere madre e attrice sono le cose più importanti della mia vita. Conciliarle, però, può essere complicato. Cerco di destreggiarmi, ma quando lavoro mi sento come se lasciassi Lev (nato nel 2003 dall’unione con l’attore Ola Rapace, ndr) per andare in un luogo altro».
Che cosa intende? Quale luogo?
«Quello in cui si trova il mio personaggio. Vago in posti emotivi e psicologici che spesso sono spiacevoli, devastanti».
Interpretare Jo ha avuto un impatto psicologico?
«Una notte mi sono svegliata all’improvviso da un incubo che mi ha fatto pensare a come mi sarei sentita se avessi rischiato di non fare più ritorno dai miei cari. Ero sconvolta, ho riflettuto su quanto sarebbe stato orribile non poter dire addio a mio figlio, sulle parole che gli avrei detto e le ho registrate. Questo ha creato un legame con la serie, che considero tra i più importanti della mia carriera».
Ha mai provato la paura dell’isolamento?
«Sì, mentre filmavamo le scene in cui Jo è sola nello spazio: è stato terribile, psicologicamente e fisicamente. Più giravamo, più diventavo paranoica e avevo la sensazione che lei si fosse trasferita dentro di me. Ho lasciato che prendesse il sopravvento. Grazie a Jo ho imparato una cosa: noi siamo le nostre scelte. Jo decide di andare in missione, è il suo sogno, ma rimane intrappolata e deve trovare il modo per tornare a casa. Ho capito come un sì o un no cambiano tutto. E questo mi ha dato una nuova tranquillità».