LA TRASPARENZA SALARIALE migliora lavoratori e aziende
n’esortazione che non vorrei più ascoltare, in questo 8 marzo 2024, è «Donne, imparate a chiedere di più!». Ancora oggi, molti credono sia necessario lavorare sul comportamento femminile per risolvere il problema della disparità salariale. Una falsa soluzione che trasforma lo stipendio equo in un privilegio per caratteri estroversi. E che poggia su una cattiva interpretazione dei dati. Lo studio Do women ask? dimostra che le donne chiedono aumenti di stipendio come gli uomini. Ma è più probabile che tali richieste vengano respinte. E questo perché hanno più probabilità dei maschi di sentirsi dire che mettono soggezione o che sono troppo aggressive, spiega una ricerca di Mckinsey. Aumentare le capacità di negoziazione
«è un po’ come insegnare alle donne l’autodifesa per affrontare la violenza sessuale», scrive
Ann Friedman su The Cut. «Affida alle donne l’onere di risolvere il problema come individui, non
Uchiede molto ai datori di lavoro e non affronta realmente la questione più grande». La questione più grande è che la donna sarà percepita di minor valore sul mercato del lavoro fino a quando le attività di cura peseranno quasi interamente su di lei. Ma se aspettiamo di raggiungere la pari distribuzione del carico domestico per ottenere l’equità salariale, potrebbero volerci molti anni (42). Una soluzione più immediata c’è. E si chiama trasparenza salariale. Quando si parla di trasparenza, non si intende rendere noti solo gli stipendi, quanto piuttosto i criteri con cui si stabiliscono (bonus inclusi) e le fasce di stipendio per i vari livelli. L’unione europea ha appena emanato una direttiva in questo senso e l’italia dovrà recepirla entro il 2026. L’obiezione più comune a questo strumento è che la trasparenza salariale limiterebbe la competitività: se l’azienda non è libera di offrire un compenso più alto al singolo, pena doverlo aumentare a tutti i suoi pari livello, sarebbe tagliata fuori dalla corsa ai talenti migliori. Ma siamo sicuri che questo sia l’unico modo in cui possa funzionare il mercato del lavoro? La corsa al rialzo dei compensi ci ha portato al mondo più diseguale di sempre: negli Usa, il rapporto tra la retribuzione della’ d e quella del lavoratore tipico è di 399 a 1. In Italia la disuguaglianza di redditi è fotografata dall’indice Gini che è salito da 35,4 a 44,4 negli ultimi 40 anni. E non ci sono prove che questa disparità sia funzionale ai buoni risultati economici delle aziende.
È il momento di disegnare, dunque, un mondo del lavoro in cui la conquista dei migliori talenti non si giochi solo sul compenso. E in cui la stessa trasparenza salariale diventi una leva di attrazione.
Gli studi sono dalla nostra parte. Meno le persone si concentrano sul proprio stipendio – effetto naturale della trasparenza salariale – più si concentrano sull’apprendimento di nuove competenze e sulla curiosità intellettuale, scrive Tomas Chamorro-premuzic. E questo sì, porta una migliore performance economica delle aziende. Le organizzazioni in cui i dipendenti vengono pagati equamente hanno il 26% di probabilità in più di migliorare la qualità delle assunzioni, livelli di coinvolgimento più elevati del 13% e il 19% di probabilità in più di superare i livelli medi di produttività del settore (fonte: Aptitude research partners). Cosa stiamo aspettando?
Quali soldi fanno la felicità? Perché le donne non sono pagate abbastanza, e altre domande audaci di Annalisa Monfreda è uscito il 27 febbraio (Feltrinelli, pagg. 192, € 16).