Chiedi aiuto alla mente
Nei suoi corsi di difesa personale, Maurizio Maltese, maestro di arti marziali e trainer psicofisico, insegna come riconoscere, evitare e gestire le situazioni di potenziale pericolo. Ci ha spiegato come si fa
Esistono tecniche mentali e accorgimenti pratici che aiutano a individuare e gestire situazioni di pericolo. «Strategie utili soprattutto per le donne», spiega Maurizio Maltese, maestro di arti marziali e trainer psicofisico, che con il suo Egida Mentis, workshop di difesa personale attraverso la mente, ha inaugurato un progetto di empowerment femminile promosso da Allen & Overy. «La prima cosa da fare in una situazione di rischio? Saper gestire la paura», sottolinea.
Come si fa?
«Conoscendola. La paura non è una nemica, ma un meccanismo che il corpo attiva per reagire a un evento imprevisto attraverso l’attacco o la fuga. Bisogna invece evitare di scivolare nel panico, perché lì si perde il controllo».
Si può prevenire una situazione di pericolo?
«Si può, considerando una serie di situazioni. Faccio un esempio: la mattina lascio la macchina in un parcheggio affollato, ma al ritorno è semideserto e buio. Normalmente non si riflette su questo e le aggressioni avvengono spesso per assoluta mancanza di consapevolezza del pericolo».
In che modo si mantiene il controllo?
«Ci sono tecniche simili a quelle usate in teatro: lavorando sulla respirazione e, in generale, con cose semplici da ricordare. Per esempio, che è normale ciò che succede al corpo quando si ha paura
(il tremore indica che si è pronti per l’azione). Concentrare l’attenzione su sé stessi, poi, fa sì che il resto non scompaia ma finisca sullo sfondo. La concentrazione permetterà anche di “leggere” l’altro: chi è, cosa non dire o fare per non peggiorare la situazione. Importante anche valutare dove si è: in ascensore, sulle scale, in un parcheggio. Per capire se puntare alla fuga o chiedere aiuto senza essere ignorati».
In che senso?
«Può capitare che, alla richiesta, nessuno dei presenti intervenga. Un meccanismo di difesa porta infatti le persone a pensare: “Altri interverranno al posto mio”. La soluzione è coinvolgere qualcuno direttamente: “Lei che porta gli occhiali, per favore mi aiuti!”. Si sentirà chiamato in causa. Un accorgimento che può fare la differenza».
Che cosa rende una persona una potenziale «preda»?
«Una parte inconscia nel predatore lo porta a individuare la vittima sulla base di alcuni segnali. Un atteggiamento insicuro per strada può indicare una preda perfetta; al contrario, un passo elastico, veloce, il guardarsi intorno ostentando sicurezza sono segnali che scoraggiano. La prima regola della difesa personale è la comunicazione non verbale: non cosa dico, ma come lo dico. Anche il modo di rispondere a una provocazione conta: a volte basta uno sguardo dato in un certo modo. Manifestare sicurezza e consapevolezza di sé, in definitiva, può cambiare le cose».
«La paura non è una nemica ma un meccanismo per reagire con l’attacco o la fuga»