D Nuotando SI IMPARA
Dai tre mesi, in piscina i bambini incominciano a conoscere se stessi e il mondo mettendo alla prova i sensi e sviluppando competenze psicomotorie e relazionali
ire che il nuoto è uno sport completo è riduttivo. L’aggettivo giusto sarebbe olistico, soprattutto se prendiamo in considerazione la fase iniziale di approccio all’elemento acqua. Attraverso l’idrochinesiologia per la prima infanzia − l’acquaticità neonatale −, il neonato vive un’esperienza educativa dall’alto valore psicopedagogico. Viene generalmente consigliata a partire dai tre mesi di età in su, quando la memoria prenatale è ancora recente: «Per un bambino molto piccolo muoversi in acqua è un’esperienza naturale», spiega Silvia Iaccarino, psicomotricista, formatrice, fondatrice di Percorsi formativi 06, ente accreditato dal ministero dell’istruzione e del Merito per la formazione di personale scolastico (percorsiformativi06.it). «Complice la temperatura che si aggira attorno ai 32 gradi, il bambino può vivere una situazione che ricorda l’utero materno, provare sensazioni di protezione e piacere supportate anche dalla libertà di movimento grazie all’assenza di carichi e sollecitazioni sulle articolazioni. Così, in questa prima fase, i piccoli e i loro accompagnatori possono dedicarsi al piacere del contatto e dello stare insieme. Successivamente, attraverso attività come l’immersione, il recupero di oggetti e il raggiungimento di piccoli traguardi, vengono stimolate le funzioni percettive, di equilibrio e di coordinamento senso-motorio. L’acquaticità agisce anche sulla sfera psicologica supportando lo sviluppo dell’autostima e della consapevolezza di sé e degli altri: a seconda delle fasi di crescita, agirà su differenti livelli di sviluppo. Dai 3 ai 6 mesi, si rafforzerà la relazione
«L’attività fisica È IMPORTANTE PER LA CRESCITA E LO SVILUPPO COGNITIVO DELL’ESSERE UMANO»
con il genitore attraverso il contatto, le prime prese, supina e prona, le immersioni e le manipolazioni. Dai 7 ai 14 mesi si svilupperà invece la conoscenza dell’ambiente circostante e l’interazione con gli altri bambini attraverso l’introduzione di attività che prevedano l’incontro tra loro. Dai 15 mesi in poi si assisterà allo sviluppo di nuove capacità motorie e della consapevolezza del proprio corpo, fino ad arrivare attorno ai 24/36 mesi, quando il piccolo conquisterà maggiori spazi di autonomia. Dai 3 ai 4 anni, infine si potrà cominciare a parlare di avvicinamento al nuoto in chiave ludica e lasciare il bambino in vasca con l’istruttore e i compagni».
Un corso di acquaticità è consigliato dopo aver terminato il primo ciclo di vaccinazioni e con l’approvazione dal pediatra, con frequenza monosettimanale fino ai 3 anni, e bisettimanale in seguito per supportare la crescita. «L’attività acquatica rinforza l’apparato muscolo-scheletrico, l’elasticità e la forza, contribuendo a migliorare la postura e a supportare la respirazione e lo sviluppo del sistema cardiocircolatorio. Non da ultimo, contribuisce a regolarizzare il sonno e a stimolare l’appetito», aggiunge Iaccarino.
L’organizzazione Mondiale della Sanità suggerisce che i bambini svolgano ogni giorno attività ad alto ingaggio muscolare e il nuoto può senz’altro rientrare tra queste. «Purtroppo quello che emerge sempre più frequentemente è una forte sedentarietà nei bambini a dispetto delle linee guida dell’oms, che consiglia lo svolgimento nella fascia 0-6 anni di almeno 3 ore al giorno di movimento, di cui un’ora di attività fisica intensa, importante non solo per la crescita, ma anche perché è alla base dello sviluppo cognitivo dell’essere umano. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che una significativa quota di attività fisica quotidiana è il fondamentale pre-requisito per lo sviluppo delle abilità di letto-scrittura e calcolo e per l’apprendimento accademico. Inoltre, è protettiva nei confronti di malattie neurodegenerative come l’alzheimer».