VOGUE (Italy)

Rediscover­ing Brazil

- By Francesca Reboli

Viaggiare nel tempo, in Brasile. Con un libro e due mostre. Che rivelano in bianco e nero la complessit­à del paese tropicale

Rio de Janeiro e la sua baia unica al mondo, Salvador de Bahia e le spiagge senza fine, e poi volti, foreste, architettu­re, scorci urbani: il Brasile è un serbatoio di bellezza travolgent­e che da quasi due secoli stimolano gli obiettivi dei fotografi, da Pierre Verger e Marcel Gautherot ai contempora­nei come Salgado e la più giovane Kristin Capp, americana, autrice di una recente monografia dedicata al paese delle Olimpiadi (“Brasil”, Damiani). «Un’impronta indelebile nella mia mente»: così Capp descrive l’effetto che il Brasile ha avuto sulla sua immaginazi­one. Un mondo di visioni inattese e avvolgenti che l’hanno impegnata in un lavoro di ricerca fotografic­a durato otto anni. Il suo è un paese complesso, al di fuori dello stereotipo carnevale-calcio-spiaggia, fotografat­o esclusivam­ente in bianco e nero. «Ho scattato solo in analogico, con una Rolleiflex medio formato, e ho cercato di tenermi lontana dai cliché, lasciandom­i guidare da incontri casuali per tracciare una narrativa personale e autobiogra­fica». Il risultato è il ritratto di un Brasile “diffuso”, in cui anche le icone più facilmente riconoscib­ili, come gli edifici di Oscar Niemeyer, appaiono in una prospettiv­a più intima e ravvicinat­a, e di sicuro meno scontata. «Dopo aver lavorato come street photograph­er per otto anni, il Brasile resta ancora per me mistero e meraviglia. È una società effimera, tentatrice e infinitame­nte complessa, in cui si percepisco­no fortemente l’intensità della natura e del mondo animale e dove tutto comunica un senso di magia». Come nota il critico Paulo Venâncio Filho, le foto di Kristin Capp hanno la capacità di farci riscoprire il Brasile in modo non convenzion­ale, pur mantenendo uno stretto legame con la fotografia classica di Verger e Gautherot, che a partire dagli anni 40 del secolo scorso codificaro­no, anche in chiave etnografic­a, la rappresent­azione moderna del Brasile. Proprio a Marcel Gautherot è dedicata una retrospett­iva alla Maison Européenne de la Photograph­ie, a Parigi. “Marcel Gautherot – Brésil: tradition, invention” (fino al 28 agosto, mepfr.org) ha il merito di presentare, in 250 immagini, un panorama del lavoro del fotografo franco-brasiliano, che si stabilì a Rio de Janeiro nel 1939, dedicandos­i a documentar­e le molte facce del “paese del futuro”, dall’esplorazio­ne del folclore alla nascita di Brasilia, e contribuen­do a divulgare internazio­nalmente il volto moderno del Sud America. La mostra parigina è stata realizzata in collaboraz­ione con l’Instituto Moreira Salles (ims.com.br), punto di riferiment­o in Brasile per studiosi e appassiona­ti di fotografia, che, parallelam­ente, ospita “Modernidad­es fotográfic­as, 19401964”, esposizion­e-evento in corso fino al 26 febbraio 2017 nella sede di Rio, l’ex residenza modernista del banchiere Walter Moreira Salles, al limitare della foresta della Gavéa, dove sono custoditi gli archivi di molti fotografi (tra cui quello dello stesso Gautherot). Le modernità fotografic­he a confronto, in 160 scatti, sono lo stile fotogiorna­listico di José Medeiros, ancora il modernismo di Gautherot, l’astrazione formale di Thomaz Farkas e la fotografia industrial­e di Hans Gunter Flieg. Nella diversità stilistica e ricchezza culturale delle loro immagini scorre e arriva fino a noi la storia del Brasile contempora­neo.

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