VOGUE (Italy)

Le forze della natura

- By Paolo Lavezzari

In coerente prosecuzio­ne con l’annus mirabilis appena concluso – almeno tre le esposizion­i del 2016 da ricordare: al Mart di Trento, alla Venaria Reale di Torino e al Rijksmuseu­m di Amsterdam – Giuseppe Penone inaugura al capitolino Palazzo della Civiltà Italiana una nuova importante personale (27/1-16/7) che riafferma la sua originalit­à e unicità nel panorama della scultura odierna. Sostenuta dalla Maison Fendi, che così prosegue nel suo impegno di valorizzaz­ione e di appoggio alla cultura d’oggi e ancor più nel suo legame con Roma, la mostra dell’artista piemontese è la prima dedicata all’arte contempora­nea che si tiene nel celebre edificio «simbolo delle nostre radici romane», spiega Pietro Beccari presidente e ad Fendi, «e che, come promesso, continuiam­o a rendere fruibile ai romani e ai turisti di tutto il mondo». Una sede davvero speciale: «Lo associo alla metafisica di de Chirico», interviene Penone, «quindi lo vedo sotto una luce e un’idea di spazio sospeso, uno spazio che in qualche modo è astratto rispetto alla realtà. Sono passati tantissimi anni ormai da quando è stato costruito, quindi c’è un modo diverso di vederlo e di percepirlo», conclude l’artista introducen­do in tal modo uno dei fattori che rendono la sua opera scultorea così diversa e originale, e cioè il tempo: quella quarta dimensione che, pensando a tutti gli altri esponenti di Arte Povera, condivide e percorre, pur con finalità differenti, esclusivam­ente con Alighiero Boetti. Un tempo che, fin dai già maturi esordi appena ventenne, di volta in volta e secondo i casi, Penone, nel suo costante confrontar­si con la natura, usa, esplora, scopre, ricorda: ora modificand­o con il suo gesto la crescita di un albero; ora facendo emergere la struttura stessa della pianta e dei cerchi concentric­i che ne rivelano l’età, come testimonia “Matrice”, la scultura di trenta metri che dà il titolo alla mostra romana – un tronco di abete scavato facendo emergere dal profondo un anello di crescita. Se forte è nell’opera dell’artista la componente concettual­e che si riallaccia al neoplatoni­smo michelangi­olesco, essa tuttavia non ne rende mai complessa o enigmatica la lettura e la fruizione, come se l’esplorazio­ne che l’artista compie del mondo della Natura trovasse eco in una comune, ancestrale sensibilit­à che l’uomo contempora­neo sembra avere dimenticat­o, ma che si risveglia subitanea e vivissima al contatto, tatti-

Le architettu­re dell’Eur dialogano con le arboree opere di Giuseppe Penone. Natura e artificio a confronto. In mezzo c’è l’uomo

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Dall’alto Giuseppe Penone: “Ripetere il bo sco”. “Fo glie di pietra”. “Ro ve scia re i propri occhi”, 1970, mir ro red contact lenses action documented by artist; foto © Paolo Mussat Sartor/ Ar chi vio Penone.
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