Al cuore della vita
Tre grandi attrici del cinema italiano di nuovo in scena per dare volto e voce a donne volitive e sorprendenti, raccontando la bella complessità dell’animo femminile
Sono tra le più affermate e acclamate protagoniste del cinema italiano, ma non dimenticano il primo amore, il palcoscenico. Così, Laura Morante è la risoluta Mira in “Locandiera B&B” di Edoardo Erba, riscrittura in chiave contemporanea de “La locandiera” di Carlo Goldoni, per la regia di Roberto Andò. «Mira», spiega l’attrice, «è una cinquantenne che, in una villa trasformata in un bed and breakfast, si ritrova a dover gestire una cena con dei colleghi del marito, il quale però all’ultimo momento non si presenta. Durante il banchetto, Mira scopre che i commensali sono degli affaristi senza scrupoli e che l’uomo che ha sposato è invischiato in attività non proprio trasparenti». Un personaggio attuale, dunque, «forse anche un po’ ambiguo, e dalle mille sfaccettature», aggiunge Morante. «Mi sono divertita a interpretarlo e a recitare con mia figlia Eugenia (Costantini) che ho accanto nella pièce». Stefania Rocca è dal canto suo la battagliera e anticonvenzionale Emma in “Scandalo” di Arthur Schnitzler, per la regia di Franco Però – in originale “Das Vermächtnis” (“Il testamento”) – inedita e mai rappresentata in Italia (dal 18 al 22 gennaio, Teatro Morlacchi di Perugia, poi in tour fino a marzo). Scritto nel 1898, racconta di un amore contrastato, consumato nella Vienna fine 800 tra il giovane aristocratico Hugo e Toni, una ragazza di bassa estrazione. Nasce un figlio, ma presto Hugo muore e Toni si trova a vivere con quella famiglia alto-borghese che non la considera né l’accetta; tra i vari personaggi, il padre, la madre, il medico di famiglia, in primo piano c’è la zia Emma, la vera protagonista, interpretata da Stefania Rocca, che spiega: «Mi ha conquistata, è una donna battagliera, anticonvenzionale, forte, libera, che cerca di aiutare prima i due innamorati, poi la ragazza. Alla fine però dovrà soccombere alle convenzioni, e da quel momento si sentirà schiacciata, ingabbiata, frustrata». E rintraccia l’attualità nel testo: «Al centro c’è il contrasto tra essere e apparire: allora come oggi ha ancora la meglio il pregiudizio, il timore di essere esclusi, il giudizio degli altri. E proprio per questo ci capita di non riuscire a vedere, a capire, a fare nostre le esigenze degli altri». Torna in scena dopo ventidue anni dal debutto con Peter Brook in “Qui est là” – un riadattamento di “Amleto” in cui aveva il ruolo di Ofelia – Giovanna Mezzogiorno, che ora è la protagonista di “Sogno d’autunno” di Jon Fosse, diretta da Valerio Binasco (28/2-12/3, al Teatro Stabile di Torino). «La proposta di Valerio è arrivata proprio in un momento in cui desideravo moltissimo tornare al teatro per potermi confrontare con le mie capacità recitative e con me stessa dopo così tanti anni». Il testo rarefatto e potente scelto dall’attrice racconta l’incontro di due vecchi amanti che nella vita si sono mancati per un soffio e che ora sembrano avere una seconda chance. Si ritrovano per caso in un cimitero, e lì si svelano e si amano. «Il testo è meraviglioso, ma impegnativo: per questo ho chiesto a Valerio un intenso periodo di prove che garantisse a lui la certezza di avere un’attrice “rodata” e a me la sicurezza di avere il tempo per entrare nella parte. Benché l’imprevisto sia connaturato al nostro lavoro, spero di dare il meglio di me».