AVANTI E INDIETRO, by Mariuccia Casadio.
La Maison Dior celebra il suo settantesimo anniversario guardando avanti e indietro nel tempo. E facendo tesoro di una storia che sconfina nel mito, trascende le sofisticate intuizioni e superstizioni del celebre fondatore della maison e decreta in fondo la nascita della moda di oggi. Un’eleganza moderna, che, già settant’anni fa, Christian Dior immagina perfettamente nitida, un tratto continuo, come un disegno di Jean Cocteau, che si avvita sul corpo e si staglia in bianco e nero nello spazio. O che si tinge altrimenti, come un acquarello di Christian Bérard, di vivide ricercate sfumature. Un’eleganza moderna che affonda non a caso le sue radici nell’arte delle avanguardie dadaiste e surrealiste, rivoluzioni epocali di segni e significati estetici, libere associazioni e contaminazioni linguistiche, che Christian Dior osserva e frequenta molto da vicino, come studente e poi come collezionista e gallerista nella Parigi degli anni Venti e Trenta. Un’eleganza moderna che ridisegna la silhouette femminile e ridefinisce al tempo stesso l’identità della donna, con un tale impatto sulla stampa internazionale da essere entusiasticamente definita The New Look già in occasione della sfilata d’esordio, nel febbraio del 1947. La celeberrima collezione di modelli strizzati in vita e aggettanti sui fianchi, che dilatano ed enfatizzano le rotondità del bacino e dei glutei, spostando a venti centimetri da terra l’orlo delle gonne a corolla, aperte, arricciate, vaporose, e sono senz’altro all’origine di una visione immortale della couture, della moda e della donna. Un punto di vista inconfondibile e totalizzante, che, nel caso di Christian Dior, originario della normanna Granville e notoriamente superstizioso, genera non di meno da simbolici rimandi alla tradizione e alle proprie origini, alla memoria e all’inconscio, tra premonizioni e divinazioni, consigli e moniti di maghe, indovini e cartomanti. Un corollario scaramantico di segni e scelte ricorrenti, emblemi, portafortuna e talismani, che ispira e impronta aspetti della sua vita e della sua moda. A
partire dalla stella di metallo, che gli capita di calpestare in Faubourg Saint-Honoré, di fronte all’ambasciata britannica, nel giorno che precede l’incontro con Marcel Boussac, cui chiederà di finanziare la sua maison. E che, essendo lui nato a Granville, proprio di fronte alla Gran Bretagna, interpreta come un’emblematica predestinazione al successo. Per continuare con la predilezione per i mughetti, fiori tipici della sua terra, che tiene essiccati in un portareliquie gioiello nel taschino della giacca e nasconde nell’orlo dei modelli prima delle sfilate. E ancora, con il quadrifoglio, i due cuori, il pezzetto di legno e la moneta d’oro portafortuna che tiene stretti in una mano per propiziare il successo. La scelta di chiamare Granville il modello più significativo di ogni collezione. O infine, la fedeltà incrollabile nei numeri e nel loro magico potere, numeri civici, date, codici con i quali ama giocare. D’altra parte, quello di Christian Dior è un punto di vista che include da subito accessori e profumi, anticipando il total look di almeno trent’anni e preconizzando il fashion branding, una declinazione a tutto tondo di prodotti e packaging, moda e comunicazione. Oltre che una rivoluzionaria ricercata interazione di trame e tagli, costruzioni di pannelli intercambiabili, linee sciolte e strutturate, silhouette a tubo o a tulipano, aH o ad A, a freccia, a sacco o a fuso, che proiettano nell’oggi il suo genio veloce e fugace. Dieci anni appena di attività, Dior scompare infatti prematuramente nel 1957, nei quali ha saputo dare vita a una visione della moda per la prima volta e incomparabilmente inscindibile dal corpo e dalla personalità della donna. Da Victoire a Lia e da Alla a Renée, sceglie non a caso di lavorare con le mannequin più belle del periodo, personalità femminili intense, sofisticate, uniche. E, per tutte rispettosamente Monsieur Dior, costruisce i modelli direttamente sui loro corpi, per lo più da seduto, quasi per non rischiare mai di prevaricarne e pregiudicarne la silhouette, perfettamente stagliata nello spazio, l’assoluta distinzione, indimenticabilmente restituita da fotografi e illustratori del cuore come Maywald o Gruau. Una donna moderna, in rapida, inarrestabile trasformazione, riconfigurata nel tempo dal talento di non meno geniali successori. Yves Saint Laurent, Marc Bohan, Gianfranco Ferré, John Galliano, Raf Simons e infine Maria Grazia Chiuri, prima donna oggi alla guida della maison. E prima creatrice che può aspirare a un confronto vis-à-vis, una visione del mondo Dior che sconfina nell’espressione di sé.
«La tradizione e le superstizioni. L’arte moderna e i mughetti. Il romanticismo e la ricerca. Quella di Christian Dior è un’eredità di stile visionaria e totalizzante»