VOGUE (Italy)

Io, Gianni E La Farfalla

Vent’anni fa scompariva Gianni Versace. Qui lo ricorda la sua amica e musa NAOMI CAMPBELL. Che racconta di anni memorabili, consigli, con denze. E di una inattesa, magica apparizion­e.

- di RAFFAELE PANIZZA

Di sicuro gliel’avranno ripetuto mille volte, che si sarebbe parlato di lui. Ma Naomi è fatta così. Una donna più caraibica che inglese (nata a Londra nel 1970, ha origini giamaicane e cinesi). Che vive come in preda a una trance di se stessa, che crede al destino, al malocchio, alla fortuna. Se l’era dimenticat­o, insomma, che avremmo riaperto la ferita. O forse sperava di poterla tenere protetta ancora un po’, sotto la benda spessa degli anni. «Oddio, no, è scioccante…», ha quindi detto, strabuzzan­do gli occhi e girandoli all’indietro, quando le abbiamo chiesto di rivivere tutto: vent’anni fa, il suo maestro, amico, custode e patrocinat­ore Gianni Versace veniva ucciso sulle scale della sua casa di Miami, al 1116 di Ocean Drive. «Non volevo più tornare in America e nelle settimane successive cercai casa a Parigi, non accettavo che nel Paese dove abitavo potesse accadere una cosa tanto orribile». Un sodalizio durato dieci anni, il loro, nato per caso nel 1987 durante una cena a New York organizzat­a dal Council of Fashion Designers of America. «Christy (Turlington, ndr), che viveva con me a Soho, aveva raggiunto Gianni e Donatella al Mayfair Regent Hotel», ricorda Naomi. «A un certo punto mi chiamò per dire che aveva dimenticat­o un paio di scarpe a casa e avrebbe mandato qualcuno a prenderle». Quel qualcuno era Paul Beck, marito di Donatella Versace, che vedendola sola in casa la invita a raggiunger­li. «Ero timida e a cena non dissi una parola. Ma da quel giorno, mi ha sempre voluta con sé». Anni fenomenali, quelli. Con Elton John e Prince in prima fila alle sfilate Atelier Versace. Gli Inxs a suonare live durante i défilé. E tutte le top ingaggiate in una volta sola: Iman, Linda Evangelist­a, Cindy Crawford, Milla Jovovich, Stephanie Seymour e Tatjana Patitz. Le preferite a indossare tre capi a testa. Mentre Naomi dieci, perché Gianni voleva così: «A chi protestava rispondeva: Naomi lo può fare». Lei musa, lui confidente e pigmalione. Lei burrascosa e insicura, lui protettivo ed esigente ma pronto a renderla regina di ogni campagna. L’ultima sera insieme l’avevano trascorsa al Ritz di Parigi chiacchier­ando di stupidate, come del morso che Mike Tyson aveva rifilato a Evander Holyfield fin quasi a staccargli l’orecchio. Poi, lui aveva promesso di portarla in Australia a inaugurare Palazzo Versace, l’albergo dove intendeva intitolarl­e una suite. Ma il pomeriggio del 15 luglio 1997, a Miami è mattina presto, il telefono squilla: «La mia vita non è stata più la stessa». Lo sogna mai? Sì, mentre ripete le raccomanda­zioni che mi faceva da ragazza e spesso non capivo. Mi sveglio e dico, ecco cosa voleva dire, ecco cosa devo fare, e agisco di conseguenz­a. Cosa le ripeteva più spesso? Di potenziarm­i, migliorare, uscire dalla zona di comfort e andare oltre. Io gli dicevo è impossibil­e, tu hai aspettativ­e eccessive su di me! E invece aveva ragione. Ricordo quando mi chiesero di sfilare durante la cerimonia degli Oscar: glielo dissi e lui rispose baby, tu agli Oscar non ci vai per sfilare, ma per consegnare un premio. Gli risposi che era irrealisti­co, ma lui insisteva: fatti avanti, e succederà. Alla fine consegnai la statuetta per i migliori costumi con Claudia Schiffer e Pierce Brosnan, indossando un abito che Gianni confezionò apposta. Al party, Meryl Streep venne a compliment­arsi per l’eleganza. Ha mai l’impression­e che sia ancora al suo anco? Tutte le volte che una farfalla mi vola vicino. Perché proprio una farfalla? Nel settembre 1997 venne organizzat­a la prima sfilata dopo la sua morte, nella sua casa di Milano, in via del Gesù. Poco prima di iniziare però le tende s’incastraro­no, e non c’era verso di farle aprire, con tutto lo staff piombato nel panico. Vicino al mio viso volò una farfallina, e non so per quale motivo, le sussurrai Gianni, dai, aprile tu! E d’un tratto, si spalancaro­no. L’ha mai salvata da un pericolo mortale? Tante volte. Lo sento nella mente che mi dice non farlo, esci da questa situazione. E io obbedisco. Se sono ancora viva, lo devo a lui. Cosa odiava più di tutto, Versace? Il seno rifatto. Una volta mi sentì lamentarmi del mio e disse: se ti operi, con me non sfili più. Sapeva essere tremendo sul lavoro, si dice. Oh mio dio, sì. Per ogni abito voleva una

camminata diversa, e se non interpreta­vi bene erano urla da tirar giù i muri. E mai piangere. Meglio andare avanti, zitte e fare come diceva. In che senso era un rivoluzion­ario? Le sfilate a quel livello non si sono più viste. Quale altra modella potrà mai dire di aver sfilato con Sting che suonava dal vivo, o Bon Jovi, o Lenny Kravitz? Ha anche stabilito nuovi standard per i vostri cachet. È stato il primo a riconoscer­e la nostra individual­ità e a pagarci di conseguenz­a. Le ragazze si consumavan­o i nervi nell’attesa di sapere se Versace le avesse confermate o no. È anche stato il primo a introdurre il concetto di esclusiva: si volava a Milano o Parigi, e si sfilava soltanto per lui. È vero che non voleva mai mandarvi in discoteca, dopo le s late? Ci faceva credere fino all’ultimo che saremmo andate, ma poi se ne usciva con una delle sue sorprese: prendeva i deejay, le luci, e allestiva il club in casa. E perché lo faceva? Perché gli piaceva tenerci al sicuro. E poi adorava guardarci ballare, felici, con l’ultimo abito della sfilata ancora addosso. Con lui è stata capriccios­a? Mai: non proferivo parola. Voleva che mi cambiassi sempre al suo fianco e non mi lamentavo mai. Molti andavano da lui cercando di mettermi in cattiva luce. Ma lui non li voleva neppure ascoltare: con me è perfetta, diceva. E mi proteggeva sempre. Come si rivolgeva a lei, in privato? Mi chiamava “sorella”. Per lei era più un fratello o un tutore? Entrambe le cose. Poche settimane prima di morire volle portarmi al Louvre, per educarmi alla bellezza. Mi insegnava tanto, era un vero sarto che disegnava e cuciva tutto personalme­nte, e trattava da regine le signore che lavoravano nel suo atelier. Poi, era bravissimo a far credere agli altri di averli ascoltati, anche se poi faceva tutto di testa sua. Una dote che mi ha tramandato. Perché aveva bisogno di una guida? Quando l’ho conosciuto ero piccola, avevo diciassett­e anni. Quando la vedeva sbandare, cosa faceva? Mi spediva nella sua casa sul lago di Como: poi passava tutte le sere per cenare assieme e parlare un po’. Alle dieci, andava a dormire. Prima della sua uccisione, quell’estate, lei trascorse molto tempo in quella villa. Mi aveva visto esausta e voleva che mi fermassi. Finché una sera disse: hai studiato danza da ragazzina, giusto? Ho un’idea per te. E mi mandò a far le prove col coreografo Maurice Béjart per aprire la sua sfilata Pitti Uomo al Giardino di Boboli, a Firenze. La casa di Miami è stata trasformat­a in un hotel. Ritengo un insulto quel viavai di persone. Come è un insulto il fatto che ci organizzin­o feste. Quella casa dovrebbe essere trasformat­a nel Versace Museum. Ha mai pensato di comprarla? Ci ho provato: ho partecipat­o alle trattative ma all’ultimo momento la mia offerta è stata battuta. Chi l’ha aiutata più di tutti a uscire dal dolore? Nelson Mandela, che adorava Gianni e indossava sempre le sue camicie, che gli consegnavo personalme­nte. Ero distrutta e volle incontrarm­i a Pretoria: mi parlò della sua vita e mi spiegò come si resta positivi anche nel più profondo sconforto. Senza di lui, mi sarei perduta. Ha molti angeli custodi lassù. Lady Diana per esempio. Ci scambiavam­o idee su come sfuggire ai paparazzi e lei mi descriveva i travestime­nti con cui usciva di casa. L’ultima immagine che mi è rimasta in testa della principess­a è a casa di Gianni, dopo il funerale, mentre mi tiene la mano. Poi Michael Jackson. Anche lui legato a Versace: quando gli chiese di disegnare i costumi per l’HIStory World Tour, nel 1996, ero lì con loro. E George Michael, appena volato via. Era un’anima torturata, che non ha vissuto la sua vita liberament­e. Il mio Gianni no. Lui, la sua, l’ha vissuta fino alla follia. •

 ??  ??
 ??  ?? Top model dei ’90 in Versace. A destra. Naomi, Christy, Linda, “Three models in a tub”, 1990, foto di Roxanne Lowit. Nella pagina accanto. Cindy Crawford, Tatjana Patitz, Helena Christense­n, Linda Evangelist­a, Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Karen...
Top model dei ’90 in Versace. A destra. Naomi, Christy, Linda, “Three models in a tub”, 1990, foto di Roxanne Lowit. Nella pagina accanto. Cindy Crawford, Tatjana Patitz, Helena Christense­n, Linda Evangelist­a, Claudia Schiffer, Naomi Campbell, Karen...
 ??  ?? Naomi con Kate Moss e Christy Turlington durante la sfilata-tributo a Versace a Capetown, 14 febbraio 1998. Nella pagina accanto. Gianni Versace con le sue top model negli anni 90.
Naomi con Kate Moss e Christy Turlington durante la sfilata-tributo a Versace a Capetown, 14 febbraio 1998. Nella pagina accanto. Gianni Versace con le sue top model negli anni 90.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy