Chi Ha Meno Fa Di Più
Lo ha capito bene LUCIO VANOTTI, promessa mantenuta della moda italiana, che sempli ca senza dogmatismi e punta al comfort. Lasciando spazio alla libera creatività di chi indossa.
Semplificare non è il verbo più in auge attualmente nella moda. Lucio Vanotti, però, insiste, stoico e imperterrito. Quarant’anni, aspetto ascetico, eloquio tagliente, Vanotti è una delle promesse mantenute del lento ma inesorabile rinnovamento generazionale italiano. Ha lanciato il marchio che porta il suo nome nel 2012, ma nel gennaio 2016, è stato lo show nell’Armani/Teatro a metterlo sotto i riflettori. Racconta: «I punti cardinali del mio lavoro sono classicismo, razionalismo, semplificazione/sottrazione, intimismo. Mi evolvo assecondando un ritmo che negli anni mi ha fatto dialogare con la storia, dal colore del Rinascimento alla purezza del brutalismo, e con culture come quella orientale, che trovo parlino perfettamente con parte dell’arte italiana». Il linguaggio di Vanotti è schietto e diretto, ma vibrante: la sua semplicità estrema, infatti, non ha il rigore calvinista e bacchettone di certo minimalismo americano; al contrario, è ricca di grazia e levitas. Le idee fluiscono organicamente da una collezione alla successiva, sicché l’evoluzione, pur continua, si manifesta nell’immediato per piccoli scarti, suggerendo la lentezza come balsamo al corrompersi fulmineo di ogni cosa. «La mia ricerca si muove su binari semplici, che permettono molte connessioni», spiega. «Minime variazioni possono esprimere diverse sensazioni: come cambia per esempio una riga distanziata 2 centimetri da quella di 8?». Elemento irrinunciabile è la ricerca di comfort, ovvero la coincidenza, non bigotta anzi progressiva, tra forma e funzione. «Cerco il benessere d’istinto, perché amo circondarmi di situazioni piacevoli. Nelle mie collezioni, quindi, praticità, senso di sicurezza e protezione non possono mancare. Sto cercando con piccoli cambiamenti, passo dopo passo, di migliorare i capisaldi del guardaroba». Il tutto, evitando atteggiamenti impositivi e toni dogmatici. «Mi stimola il fatto di lasciare spazio libero alla creatività dei fruitori. Riducendo all’essenziale si apre la possibilità all’interpretazione, alla sovrapposizione, alla modularità». Invero, di meno è sempre meglio, perché avere di meno incita a fare di più. •