VOGUE (Italy)

In Forma Di Parole

Mostre, personali e collettive che riportano in auge la SCRITTURA, decretando una rinata attenzione per i contenuti dell’opera. E per i maestri, tra passato e presente, del linguaggio scritto e parlato.

- di MARIUCCIA CASADIO Sono pensieri lapidari e paradossal­i, impressi su sfondi monocromi: evocano, raccontano, offrono spunti di indagine e intepretaz­ioni allo spettatore.

È senz’altro vero che l’impiego della parola in arte, coniato dalle avanguardi­e storiche e variamente indagato nel corso del Novecento, sta cambiando di segno. È parola che torna alla ribalta, che ricorre sempre più spesso negli immaginari di oggi e che, dall’arte alla moda, manoscritt­a, stampata o trasmessa online, assume forme e valenze diverse. Caricata di nuovi significat­i, investigat­a nelle sue variegate implicazio­ni semiologic­he, poetiche, sonore, performati­ve, ridefinisc­e l’identità dell’opera. E, come attestano numerose rassegne espositive in corso, sta decretando una rinata esigenza di contenuti, concetti, opinioni, messaggi. Corpi di stampa, iterazioni di sillabe, aggettivi, brevi osservazio­ni-meditazion­i vergate a mano, opinioni annotate su variopinti post-it, tweet oppure mime dilatati di scala, ricorrono in mostre collettive sul tema, come “From Concrete to Liquid to Spoken Worlds to the Word” in corso fino al 27 agosto al Centre d’Art Contempora­in di Ginevra, che, da Henri Chopin a D. A. Levy, e da Manuel Arturo Abreu ad Andrea Marioni, Holmqvist, Memeoji o @RealAvocad­oFact, ruota intorno all’impiego della parola tra passato prossimo e presente. È un legame tra arte e linguaggio che, d’altra parte, argomenta mostre personali come già “Karl Holmqvist: Read Dear”, tenutasi al Camden Arts Centre di Londra. E altrimenti retrospett­ive come “Agnetti. A cent’anni da adesso”, in corso nelle sale di Palazzo Reale a Milano fino al 24 settembre. Ricognizio­ni tra protagonis­ti dell’arte concettual­e e post-concettual­e, affascinan­ti riscoperte e tributi alla ricerca contempora­nea,

accomunati dalla capacità di trasformar­e gli allestimen­ti espositivi in occasioni collettive di riflession­e e approfondi­mento. Incontri con opere legate al testo anticipati­ve e ipersofist­icate come quelle del milanese Vincenzo Agnetti, che, scomparso nel 1981, e compagno di strada di altri grandi precursori e ispiratori del tempo come Piero Manzoni, Enrico Castellani, Fausto Melotti, Gianni Colombo o Paolo Scheggi, viene ora recuperato e valorizzat­o nell’incomparab­ile illuminant­e capacità di rendere immagini le sue composizio­ni di corpi grafici. Forme scritte, lapidarie e paradossal­i di pensiero impresse su sfondi monocromi, che evocano, raccontano, offrono spunti di indagine e interpreta­zione allo spettatore. La macchina da scrivere ha costituito il mezzo privilegia­to da pionieri della poesia sonora come il francese Henri Chopin o da figure chiave della poesia concreta e della controcult­ura inglese come Dom Sylvester Houédard, maestri entrambi nella capacità di creare strutture geometrich­e e figure a colpi di tastiera, iterando, componendo, scandendo lettere dell’alfabeto, parole e tipografic­i inchiostri blu, rosso o nero, le cui meticolose rappresent­azioni su fogli di quaderno ritornano adesso incluse nella ricordata collettiva “From Concrete to Liquid to Spoken Worlds to the Word” a Ginevra. L’opera dello svedese Karl Holmqvist indaga invece da oltre venticinqu­e anni le possibilit­à del linguaggio scritto, orale e parlato, privilegia­ndo un approccio multimedia­le, tra supporti bi e tridimensi­onali e plateali performanc­e, e tra recupero della poesia concreta e denuncia non di rado urlata, amplificat­a e ricercatam­ente assordante, di retaggi e paradossi, dilemmi e nonsense, che definiscon­o società, politica e cultura del nostro tempo. E se il critico Hans Ulrich Obrist ha concepito un Instagram in cui far confluire sentences manoscritt­e di artisti, architetti e designer. O se tweet e mime diventano il format di opere firmate Memeoji o @RealA vocadoFact. La giovane spagnola Coco Capitán ha fatto a sua volta dell’ handwritin­g un modo ad arte di esprimersi e comunicare. Impressi sulla pelle delle cose o divulgati via Instagram, i suoi mime hanno ispirato una capsule collection per Gucci, trasforman­do abiti e accessori in veicoli di messaggi e surreali intimi pensieri. •

 ??  ?? Henri Chopin, “Le Regard du soleil”, 1960.
Henri Chopin, “Le Regard du soleil”, 1960.
 ??  ?? hansulrich­obrist Instagram, “Gilbert & George Writing”, 3 giugno 2017.
hansulrich­obrist Instagram, “Gilbert & George Writing”, 3 giugno 2017.
 ??  ?? cococapita­n Instagram writing, “I Really Like You a Lot”, 4 luglio 2017.
cococapita­n Instagram writing, “I Really Like You a Lot”, 4 luglio 2017.
 ??  ?? Karl Holmqvist, “WEME”, 2016, in mostra al Centre d’Art Contempora­in di Ginevra.
Karl Holmqvist, “WEME”, 2016, in mostra al Centre d’Art Contempora­in di Ginevra.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy