In Italia
È tradizione dei magazine francesi celebrare la moda nazionale con copertine dedicate alle locali icone di stile o alla magia di Parigi. Lo stesso accade negli Stati Uniti e in Inghilterra. In Italia, meno. Per un certo nostro tipico riflesso condizionato, ci sembra sempre che ciò che succede lontano da qui sia, per definizione, meno provinciale. Io credo si tratti di un difetto di prospettiva: basta guardare quanto di noi viene raccontato sui grandi giornali internazionali, quanta curiosità si legge per le novità che attraversano il Paese. Ecco perché abbiamo deciso che fosse proprio l’Italia la protagonista del numero di settembre, tradizionalmente il più importante dell’anno. Nulla di più lontano dalla retorica di una qualche, presunta, Italia migliore. Piuttosto, una fotografia – inevitabilmente parziale e soggettiva, come accade quando si è molto vicini al soggetto ritratto – di un Paese che, tra difficoltà e stanchezze, nonostante una classe dirigente obiettivamente inadeguata, ha ricominciato a muoversi.
Si muove Milano, si sa: in queste pagine parliamo di nuovi stilisti e antichi costumi riportati al loro splendore, del suo Salotto tirato a lucido, di mostre in arrivo; si muove Firenze, con l’arte contemporanea che sfida storiche resistenze. Un fiorire di piccole realtà editoriali restituisce un’immagine lontana dai cliché ad argomenti tipicamente nostri come il cibo e il turismo. Le autrici del più inatteso best seller dell’anno raccontano altre italiane ribelli. David Leavitt scrive di meraviglie seicentesche, Lila Azam Zanganeh del sogno di una piazza italiana in una mattina d’autunno piena di luce e aria sottile. Il fratello di un celebre scrittore americano punta la luce su certi nostri luoghi oscuri. Patrick Demarchelier regala a tre giovanissime italiane il respiro delle dive che furono. Juergen Teller si spinge fino alla punta occidentale della Sicilia per inseguire il suo “Italian crush”.
Poi ci sono le tre copertine. La prima è un omaggio, a un monumento del nostro patrimonio artistico. Per realizzare la loro storia su Caravaggio Willy Vanderperre e Olivier Rizzo hanno viaggiato e fatto ricerche, così ce lo restituiscono con immagini che sono al tempo stesso antiche eppure modernissime. La seconda è il racconto di un gesto, affidato a Mert & Marcus con Alastair McKimm. Pietrangelo Buttafuoco ci spiega perché i baci italiani sono definitivi, e diversi da quelli dati altrove; Ivan Cotroneo ne ricorda il ruolo nella costruzione dell’immaginario del nostro cinema. La terza è un auspicio. Che Roma, nei cui luoghi monumentali Inez & Vinoodh con Alex White hanno messo in scena il loro racconto, torni a essere quello che è stata – a pensarci bene, nemmeno troppo tempo fa. Perché il Paese si muove davvero solo se riparte Roma.
A tenere assieme tutti questi fili, ovviamente, c’è la moda. Quella, non poca, direttamente disegnata da italiani; quella, moltissima, quasi tutta, che da noi viene prodotta. Perché, con tutti i noti limiti, il sistema moda gioca un ruolo non marginale nella spinta al Paese verso il futuro. Non solo dando da lavorare a oltre 400mila addetti in 50mila aziende, e con un fatturato (nel 2016) di 52 miliardi di euro. Ma rappresentando il nostro senso per il bello in ogni angolo del mondo. È il soft power che abbiamo, non dimentichiamoci di andarne almeno un po’ fieri. Come ha detto una volta Franca Sozzani: gli altri parlano, noi facciamo. •