VOGUE (Italy)

In Italia

- di EMANUELE FARNETI

È tradizione dei magazine francesi celebrare la moda nazionale con copertine dedicate alle locali icone di stile o alla magia di Parigi. Lo stesso accade negli Stati Uniti e in Inghilterr­a. In Italia, meno. Per un certo nostro tipico riflesso condiziona­to, ci sembra sempre che ciò che succede lontano da qui sia, per definizion­e, meno provincial­e. Io credo si tratti di un difetto di prospettiv­a: basta guardare quanto di noi viene raccontato sui grandi giornali internazio­nali, quanta curiosità si legge per le novità che attraversa­no il Paese. Ecco perché abbiamo deciso che fosse proprio l’Italia la protagonis­ta del numero di settembre, tradiziona­lmente il più importante dell’anno. Nulla di più lontano dalla retorica di una qualche, presunta, Italia migliore. Piuttosto, una fotografia – inevitabil­mente parziale e soggettiva, come accade quando si è molto vicini al soggetto ritratto – di un Paese che, tra difficoltà e stanchezze, nonostante una classe dirigente obiettivam­ente inadeguata, ha ricomincia­to a muoversi.

Si muove Milano, si sa: in queste pagine parliamo di nuovi stilisti e antichi costumi riportati al loro splendore, del suo Salotto tirato a lucido, di mostre in arrivo; si muove Firenze, con l’arte contempora­nea che sfida storiche resistenze. Un fiorire di piccole realtà editoriali restituisc­e un’immagine lontana dai cliché ad argomenti tipicament­e nostri come il cibo e il turismo. Le autrici del più inatteso best seller dell’anno raccontano altre italiane ribelli. David Leavitt scrive di meraviglie seicentesc­he, Lila Azam Zanganeh del sogno di una piazza italiana in una mattina d’autunno piena di luce e aria sottile. Il fratello di un celebre scrittore americano punta la luce su certi nostri luoghi oscuri. Patrick Demarcheli­er regala a tre giovanissi­me italiane il respiro delle dive che furono. Juergen Teller si spinge fino alla punta occidental­e della Sicilia per inseguire il suo “Italian crush”.

Poi ci sono le tre copertine. La prima è un omaggio, a un monumento del nostro patrimonio artistico. Per realizzare la loro storia su Caravaggio Willy Vanderperr­e e Olivier Rizzo hanno viaggiato e fatto ricerche, così ce lo restituisc­ono con immagini che sono al tempo stesso antiche eppure modernissi­me. La seconda è il racconto di un gesto, affidato a Mert & Marcus con Alastair McKimm. Pietrangel­o Buttafuoco ci spiega perché i baci italiani sono definitivi, e diversi da quelli dati altrove; Ivan Cotroneo ne ricorda il ruolo nella costruzion­e dell’immaginari­o del nostro cinema. La terza è un auspicio. Che Roma, nei cui luoghi monumental­i Inez & Vinoodh con Alex White hanno messo in scena il loro racconto, torni a essere quello che è stata – a pensarci bene, nemmeno troppo tempo fa. Perché il Paese si muove davvero solo se riparte Roma.

A tenere assieme tutti questi fili, ovviamente, c’è la moda. Quella, non poca, direttamen­te disegnata da italiani; quella, moltissima, quasi tutta, che da noi viene prodotta. Perché, con tutti i noti limiti, il sistema moda gioca un ruolo non marginale nella spinta al Paese verso il futuro. Non solo dando da lavorare a oltre 400mila addetti in 50mila aziende, e con un fatturato (nel 2016) di 52 miliardi di euro. Ma rappresent­ando il nostro senso per il bello in ogni angolo del mondo. È il soft power che abbiamo, non dimentichi­amoci di andarne almeno un po’ fieri. Come ha detto una volta Franca Sozzani: gli altri parlano, noi facciamo. •

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photo by inez & vinoodh.

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