Ombra E Luce
L’articolo di uno scrittore che conosce i segreti dei maestri, un servizio di moda (a p.456) ispirato al suo genio: Vogue Italia celebra CARAVAGGIO, mentre a Milano apre la grande mostra a lui dedicata.
«Quando è arrivato a Roma, era affamato e seminudo. Dipingeva due teste di santi al giorno, ne ricavava cinque giulii, una miseria, e mangiava quel che riusciva. Per sopravvivere, aveva imparato a dipingere veloce». Quando parla di Caravaggio, Rossella Vodret – curatrice di “Dentro Caravaggio”, aperta da fine mese al Palazzo Reale di Milano – riesce come a mostrartelo, per le strade di Roma alla fine del Cinquecento, incerto, in affanno, irascibile. «Quando gli viene assegnata una commessa importante, la Cappella Contarelli di San Luigi dei Francesi, Caravaggio va in tilt. È abituato a immagini piccole, lì invece deve fare dipinti di tre metri per tre, e si spaventa. Così, inizialmente, fa un San Matteo di maniera, copiato un po’ da Michelangelo un po’ da Raffaello. Ma non gli piace. Lo ricopre e
ricomincia, ma il tempo stringe». Che cos’è l’ispirazione? Matisse era lento, per finire i suoi dipinti ci metteva anni. A Rembrandt si dice che ne bastasse uno, ma non di meno. Tiziano teneva a lungo i dipinti incompiuti nella sua casa, voltati verso il muro, e ogni tanto ci tornava sopra con qualche tratto, e poi di nuovo li girava per non vederli. Van Gogh era il contrario; poteva completare un dipinto al giorno, qualche volta in un’ora. Anche Rubens, per dire, era velocissimo. A Tiepolo gli invidiosi dicevano che era sciatto, troppo frettoloso, si dimenticava le cose. Ognuno ha il suo modo. Ognuno di noi fa prevalere l’istinto o la noia, la certezza o la foga, la pazienza o la rabbia. Forse, è anche per fare prima che Caravaggio aveva pensato a quella che era la sua grande rivoluzione: partire dal nero, dipingere tutta la tela di nero prima di cominciare con le figure, i colori. Così, tirava fuori dal buio, faceva nascere, in un parto improvviso, senza gestazione. Così, arrivava la sua luce, inaspettata, potentissima, tra i vestiti umili, i piedi sporchi, gli occhi pieni di dubbio. Tutto, nei suoi dipinti, è intorno alla luce, tutto è miracoloso. Ma non è mai semplice. La cosa più interessante da scoprire, nel processo creativo di Caravaggio, è che la velocità non c’entra niente con la perfezione. Anzi. La velocità è una delle forme del tormento, dell’errore, della rabbia. Non si direbbe, dall’esattezza che hanno, ma i suoi dipinti sono pieni di pentimenti, di cancellature, di cose che non sono venute come dovevano venire, di cose rifatte, abbandonate. «In un San Giovanni, per esempio, i critici non hanno mai capito perché il santo volgesse lo sguardo verso destra, dove non c’è niente sulla tela. Si è scoperto solo con gli ultimi studi che lì doveva esserci un agnello, ma Caravaggio non ce l’ha messo». Forse era la fretta, forse era la volontà. Probabilmente, come nelle cose grandi, era destino. •
Così, partiva dal nero e tirava fuori dal buio, faceva nascere, in un parto improvviso, senza gestazione. Così, arrivava la sua luce, inaspettata, potentissima, tra i vestiti umili, i piedi sporchi, gli occhi pieni di dubbio.