Io, In Forma Di Candela
Non capita spesso di diventare un’opera d’arte, e di venire esposti in Piazza della Signoria. Sta per succedere a chi scrive questa intervista: che qui dialoga con URS FISCHER, autore del ritratto.
Lo studio di Urs Fischer a Brooklyn sembra la fucina del dio Vulcano dove sculture, quadri, mobili, libri e cibo vengono cucinati a un ritmo costante, ma mai frenetico. Attorno a un tavolo, Fischer e il sindaco di Firenze, Dario Nardella, condividono qualche riflessione su “Big Clay”, l’opera che sarà presentata nel capoluogo fiorentino il 22 settembre con altri due lavori; per poi continuare il suo viaggio verso Mosca dove, nel 2019, sarà installata nel centro di arte contemporanea Ges2, disegnato da Renzo Piano e RPBW per la VAC Foundation di Leonid Mikhelson. «È come la musica di Bach», è il commento a “Big Clay” del Nardella violinista. «Credo che il lavoro sia pre-razionale. Quell’attimo prima di iniziare a fare errori», ribatte Fischer. «Guardando la natura è facile vedere quanto sia veramente intelligente e più che altro sostenibile. Le nostre creazioni sono ben lontane da questo. Reagiamo e improvvisiamo. Intuizione e istinto dovrebbero essere le materie più importanti della nostra educazione».
Visitasti Firenze per la prima volta a sette anni.
Ricordo che ero seduto su una sedia, probabilmente di un caffè, su un marciapiede, pensando che tutto fosse molto rumoroso mentre respiravo i gas di scarico di piccole, ma veloci utilitarie che s’infilavano nelle stradine.
Credi che la gente odierà “Big Clay” o impazzirà facendosi migliaia di selfies?
Cosa ne so. Se osserviamo il pubblico che va al museo vediamo che è lì per rassicurarsi che il mondo è ancora in ordine, e non è quello di cui facciamo esperienza ogni giorno. Forse, nel nostro rapporto con l’arte, qualsiasi arte, c’è questo di eterno.
Per la Biennale 2011 avevi usato un’altra opera che veniva da Firenze il “Ratto delle Sabine” di Giambologna. Perché questa scelta?
Aveva tutte le qualità formali che stavo cercando. È una scultura incredibile, ma al tempo stesso stranamente impersonale.
Una scultura che avevi trasformato in un’enorme candela. Come ti è venuta questa idea dei ritratti in forma di candela? È stato un processo graduale, uscito da una serie di nudi femminili che avevo scolpito nel polistirolo, poi divenuti candele, e che alla fine sono sfociati in un gruppo di ritratti al maschile. La prima che realizzai doveva essere la scultura di una celebre signora che aveva commissionato a una serie di artisti il proprio ritratto. Mi venne in mente di raffigurarla come una sedia vuota cui stava appoggiato il marito. Sfortunatamente si separarono prima che l’opera fosse finita, così cambiai il titolo dal nome di lei al nome di lui. Alla fine è diventata semplicemente: “Senza titolo (in piedi)”. Raccontami delle due figure per l’Arengario di Piazza della Signoria che dialogheranno con “Big Clay”. Una è il mio ritratto e sono un po’ imbarazzato a parlarne. Sei un bugiardo schifoso! Comunque sì, il caso vuole che una delle due sculture sia il tuo ritratto. Ma ciò che più conta per me è il
fatto che il lavoro vuole raccontare due fiorentini (il curatore Francesco Bonami e l’anti
quario Fabrizio Moretti, ndr) che amano l’arte. Modellati da questa città. Due che non provengono da quell’aristocrazia che uno associerebbe con questa piazza. Da un lato, un uomo del nuovo in continuo divenire; dall’altro, un devoto dell’antico che continuamente prova a rappresentare. Con la superficiale conoscenza della storia di Firenze che ho, ho pensato che quest’idea potesse essere divertente. Proprio per il presente e il passato di questa città. Alla maggior parte del pubblico i due personaggi risulteranno assolutamente anonimi e sconosciuti, ma qualche addetto ai lavori storcerà il naso... Perché hai scelto proprio loro due? Perché chiunque altro? ... e cosa succede quando uno diventa il soggetto di una scultura? Nulla di particolare, credo. Le due opere raffigurano soggetti che hanno entrambi qualche imperfezione fisica: pensi che Eike Schmidt, il direttore degli Uffizi che ha rifiutato di accogliere le opere sotto la Loggia dei Lanzi, cui inizialmente erano destinate, le abbia discriminate perché è un amante della perfezione classica, dell’Uomo vitruviano? È un modo molto divertente di guardare alla faccenda! Non ho idea di quali siano le motivazioni del suo rifiuto a priori. Le persone chiamate a prendersi cura dell’arte del passato sono state assunte per preservare. Realizzare un’opera nuova è una cosa del tutto diversa. Come lo psichiatra e lo psicotico. Sì, in effetti entrambi i ritratti sono di uomini con imperfezioni fisiche, uno il braccio l’altro la gamba, e vengono presentati in mezzo a idealizzazioni rinascimentali perfettamente preservate, non statue ellenistiche o romane. Comunque, sia il tuo ritratto sia quello di Moretti sono riempiti con cera di colore del sangue arterioso; con il passare del tempo, colerà lì in quella piazza dove il sangue di molti fu versato e dove in molti soffrirono secoli fa. •