Gli Spazi Tra Le Righe
Difficile classificare le eclettiche sperimentazioni che DAVIDE MOSCONI condusse nella Milano anni 60 e 70. Una mostra riaccende ora l’attenzione su quelle ricerche tra arte, musica, foto di moda, grafica.
Con i colletti inamidati e i papillon annodati ad arte, gli abiti interi e le mantelle scozzesi da gentleman inglese, Davide Mosconi è stato un personaggio “bigger than life” nella Milano affluente e innovativa degli anni Sessanta e Settanta. Eclettico eccentrico pianista e fotografo, designer e pubblicitario, nato nel 1941 e scomparso per un fatale incidente nel 2002, ha lasciato la città natale dopo avere conseguito un diploma in pianoforte e composizione al Conservatorio Giuseppe Verdi, per
Le sue invenzioni visuali si ritrovano nei servizi scattati per Vogue Italia e nei lavori per la pubblicità.
frequentare i corsi di fotografia al London College of Printing e poi spostarsi a New York nel 1963, dove lavora quattro anni come assistente di Richard Avedon e Hiro. Con una formazione e frequentazioni internazionali, che vanno da John Coltrane e Cecil Taylor a John Cage e il gruppo Fluxus, o ancora, dall’entourage di Salvador Dalí ai geniali colleghi Ugo Mulas e Bruno Munari, Mosconi ha fatto della sua visionarietà multimediale uno stile di vita, sviluppando in parallelo le sue ricerche su musica e fotografia, e spaziando negli ambiti contrapposti dell’alternativo e del commerciale, mettendoli non di rado in relazione e portandoli a interagire. Definito dalla critica “il musicista jazz italiano più personale e dotato” a soli 22 anni, non poneva limiti alla provocatorietà delle sue performance sonore, distruggendo pianoforti “on stage” e magari incidendo tracce algebriche su vinili vergini che poi faceva suonare in contemporanea, o altrimenti mescolando il suono di sabbie, sassi o nastri adesivi alle note di strumenti diversi. L’improvvisazione, il caso, le coincidenze giocano peraltro un ruolo importante anche nel suo rapporto con l’obiettivo fotografico, uno strumento chiave della sua arte, che espone per la prima volta nel 1967, al rientro in Italia, negli spazi milanesi della galleria Il Diaframma. E che sa trasformare, come già Man Ray, Dalí o Andy Warhol, in una fonte sicura di reddito, in un lavoro commerciale, fondando nel 1968 il suo “Studio X” di fotografia e grafica. Tra messe a fuoco e sfocature, staticità e movimento, astrazioni e sdoppiamenti, effetti surreali e illusioni ottiche, la ricerca di Mosconi ispira e contamina il lavoro per la pubblicità e per la moda, le numerose campagne per industrie come Fiat, Rinascente, Olivetti o Branca Distillerie, gli allestimenti, gli articoli editoriali o pubblicitari per brand del prêtàporter, dell’arredo e del tessile. È una produzione, la sua, che ha certamente precorso e ispirato il tempo. E ci riporta agli anni Settanta di Vogue Italia, L’Uomo Vogue o Vogue Gioiello, a quei numeri su carta patinata delle origini, spessi e autorevoli come bibbie dello stile. E ancora, alle immagini create in collaborazione con Cinzia Ruggeri, geniale antesignana della moda di oggi. Fotografie commerciali che non mancheranno di meravigliare e sorprendere, ora raccolte nella mostra “Davide Mosconi. Moda, arte, pubblicità”, che inaugura alla Galleria Milano il 19 settembre. In parallelo all’esposizione è prevista la pubblicazione di una monografia sul medesimo argomento e con lo stesso titolo, curata da Elio Grazioli che già aveva firmato la precedente rassegna e la pubblicazione omonima “Davide Mosconi: fotografia. musica. design”, presentata sempre dalla Galleria Milano nel 2014. •