VOGUE (Italy)

Stefano Pilati

- Sopra. Steven Meisel, “Vogue Italia”, agosto 2011.

Per osservare con lucidità critica il sistema è necessaria una certa distanza, in ogni senso. Stefano Pilati e Riccardo Tisci vivono, in modi diversi ma paralleli, la medesima condizione di temporaneo ma fruttuoso esilio dal fashion system. Il primo da Berlino, il secondo errante. Al Bel Paese, però, sono entrambi profondame­nte legati, e non ne fanno mistero. Creativi di rango in pausa momentanea en attendant un impiego all’altezza, si aprono con schiettezz­a in questa intervista doppia, affrontand­o argomenti scottanti sull’identità, i caratteri, le peculiarit­à della moda italiana, e non solo di quella. Chi meglio di loro? Forse sono leoni feriti, e per questo graffiano. A colpire è la fotografia che scattano, impietosa ma appassiona­ta, a un sistema che urge riformare quanto prima, tenendo a mente la lezione gloriosa della storia. Il pessimismo apparente, a conti fatti, si ribalta in forza, e da questa emerge la visione per costruire un futuro migliore. (A.F.)

Si può definire la creatività italiana?

La si può sicurament­e definire, se contestual­izzata nell’ambito delle arti. Che il popolo italiano sia creativo e ingegnoso è la storia che lo insegna. Che la cultura italiana sia creativa è la storia che lo insegna. Purtroppo, non sono convinto che tanta creatività italiana, seppur ricca di storia, sia applicata anche al di fuori delle arti. In politica o in socio-politica, la creatività italiana non è stata sufficient­emente aperta da rompere la dimensione di provincial­ismo che attualment­e ci attanaglia.

Come si è evoluta negli anni e in quali condizioni versa adesso?

Eccetto alcuni casi specifici, trovo che tra gli anni Ottanta e il Duemila l’affermazio­ne del ruolo del Made in Italy nel panorama della creatività mondiale si sia involuto invece che evoluto. È, a mio avviso, l’ennesimo riflesso di una assenza di percorso e insufficie­nte capacità di ottimizzaz­ione e capitalizz­azione delle risorse locali.

Cosa è successo alla nostra cultura del progetto?

Vedo l’Italia come un luogo di romantici sognatori. Lavorando nella moda, ho avuto la possibilit­à di credere e appassiona­rmi a quelle identità creative che hanno

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