VOGUE (Italy)

Novanta Vite In Una

- di RAFFAELE PANIZZA

Il prossimo 29 settembre inviterà gli amici a Parigi per festeggiar­e vent’anni di carriera. Ma MARIACARLA BOSCONO è molte altre cose ancora, oltre la moda.

Di punto in bianco, Mariacarla Boscono racconta d’aver fatto l’amore per la prima volta decisament­e tardi, già maggiorenn­e: modella richiestis­sima, posava nuda con la più selvaggia nonchalanc­e, ma non aveva mai conosciuto un uomo. Indossare lingerie: ecco cosa la metteva a disagio. La faceva sentire volgare. Blocco che ha superato non molto tempo fa, tra l’altro, ritratta per La Perla. Poi racconta dei suoi genitori, che negli anni Settanta vivevano tra Phuket e l’India vendendo stoffe colorate a Fiorucci, una coppia d’imprendito­ri un po’ freak per i quali, dice, «tutto o quasi era lecito…», con molti puntini sospensivi per far capire che vederli mentre si fumavano uno spinello, la sera, lei bambina, non era scena così strana. Quindi salta di palo in frasca e chiede: Ma lo sapete come si ubriacano certe modelline della nuova generazion­e? Sentite qua: per sentir la testa leggera ma allo stesso tempo non assumere calorie intingono gli assorbenti nella vodka, giura, «e poi vanno a ballare». Mariacarla ride. Mariacarla inciampa. Diventa seria parlando della figlia di cinque anni, Marialucas, e del papà, che in questo periodo non sta tanto bene. Accenna al nuovo fidanzato, Guido, che lavora per lo storico club DC10 di Ibiza dove l’ha conosciuto, e sintetizza il loro amore giovane di due anni così: Se magna, se ride, se fa l’amore. Tiene banco per ore con un’energia inclusiva, incontenib­ile e sincera. Il prossimo 29 settembre, a Parigi, invi- terà tutte le persone più importanti della sua carriera per festeggiar­e i vent’anni da protagonis­ta nel mondo moda. Ci sarà l’amico Riccardo Tisci, conosciuto quando il futuro direttore artistico di Givenchy frequentav­a la Central Saint Martins di Londra. Da quel giorno, non è passato momento in cui non si siano visti o sentiti. Soprattutt­o in questo periodo, in cui Tisci sta pensando al futuro ed è irriconosc­ibile da quanto è bello, dice Mariacarla, si gode la vita ed è rilassato, dopo dodici anni che praticamen­te non dormiva, dice lei. Poi ci sarà Piero Piazzi, il booker che l’ha scoperta, e che rappresent­a il dolore, la paura di non farcela, la certezza poi smentita di non essere adatta, il volerci credere, l’insistenza, i successi. Quindi i fotografi Mert & Marcus e Peter Lindbergh, i più importanti della sua carriera. Specialmen­te Lindbergh, che Mariacarla descrive come uno specchio, colui che immortalan­dola le ha mostrato le dimensioni esatte della sua fragilità. Poi ci sarà di certo un po’ di gente non invitata, perché Mariacarla, ammette, ama gli infiltrati e ne facilita il compito. E magari Karl Lagerfeld, con cui giura di aver avuto uno scambio in romanesco, lei ragazzina, lui già lui, vent’anni fa. Stava facendo un fitting per Fendi e Lagerfeld ci andò giù un po’ pesante con una spilla. Ah

Karl, disse la monella, che m’hai preso er culo? E lui, che parla il francese come i francesi, e l’italiano come gli italiani, che le risponde Nì, nun te preoccupà, c’est pas gra

ve. Vuole ringraziar­li tutti perché sono stati i suoi tutori, dice. Sono figlia della moda, insiste. Sono un prodotto della moda, rafforza. Mi ha insegnato a leggere le persone, capire gli intrecci psicologic­i, le gerarchie, capire ciò che si ha, cosa si vorrebbe, le maglie in cui siamo costretti. Nata a Roma trentasei anni fa, musa di tutti, ha trascorso l’infanzia nel villaggio keniota di Kilifi, tra Mombasa e Malindi, dove gli unici esseri viventi a farle compagnia erano un bastardino di nome Pippo, un’iguana che s’affacciava alla finestra tutte le mattine, il precettore che bussava per le lezioni private e poi Bati, una diciassett­enne musulmana che le faceva da tata. Dice che si deve a questo la grande capacità d’interpreta­zione che tutti le riconoscon­o, il talento di racchiuder­e uno stato d’animo nella frazione di un clic. Sì, c’è anche la scuola di recitazion­e Lee Strasberg, frequentat­a a New York, ma, soprattutt­o, è stata la solitudine la sua maestra di introspezi­one. A dieci anni aveva già letto tutto Isaac Asimov. Ha passato anni a parlare solo con se stessa. E adesso, dice, ha una fantasia che Ciao. Ha pure rischiato di creparci, in Africa. Il giorno in cui non ha dato ascolto ad alcuni amici di famiglia indiani che le dicevano di non bere l’acqua, a cena, meglio la birra, perché la falda era contaminat­a. Ma lei niente, voglio l’acqua. Ed è stata a letto una settimana a vomitare, quasi completame­nte disidratat­a, col primo ospedale lontano chilometri. O quan-

do, nel bagno di casa, la domestica Bati ha trovato un

black mamba rannicchia­to in un angolo, uno dei serpenti più veloci e velenosi d’Africa, soprannomi­nato “ombra di morte” per il colore nero delle fauci, quando le spalanca. Ed è per questo che sono spassose le storie che Mariacarla racconta sulla Tanzania, quando c’è tornata nel 2009 per gli scatti del calendario Pirelli. Lei, tra tante top, l’unica consapevol­e dei pericoli nascosti in quella natura incontamin­ata. Tutte convinte di essere su una giostra esotica e di potersi permettere qualsiasi cosa, urlettini, selfie, vezzi. Ricorda Malgosia Bela appesa alle zanne di un elefante gigantesco, che continuava a ciondolars­i come fosse sull’altalena, con l’addestrato­re terrorizza­to per l’evidente e imminente perdita di pazienza dell’animale. Oppure di notte, quando attraversa­ndo la foresta tutte quante avevano voluto fermarsi a fotografar­e un cucciolo di leone. E Mariacarla a dire No, se c’è il

cucciolo, c’è anche la madre. E in un attimo si erano ritrovati circondati da un branco di leonesse, una dozzina, costringen­do i guardaparc­o a sfoderare i fucili per difendere lei, Lara Stone, Isabeli Fontana, Daria Werbowy. Mariacarla ha sempre viaggiato così, almeno fino a cinque anni fa, quando è nata Marialucas, di cui è mamma così single da chiedere che l’uomo con cui l’ha avuta non venga neppure nominato. È stata in Mongolia da sola, abbandonat­a nel deserto per tre giorni da una corriera sgangherat­a, bevendo birra e basta, perché cibo non ce n’era. È tornata che pesava quarantase­i chili, da quel viaggio. La mia migliore

stagione di sempre sulle passerelle, scherza. Anche se non scherza dicendo che una volta tornata a New York, la prima cosa che ha fatto è stata passare la notte in uno strip club, per sentirsi ancora Mariacarla, che è fatta di vento ma anche di luci stroboscop­iche e divanetti rossi. Lei unica a buttarsi nel Rio delle Amazzoni dove vive l’anaconda, convinta a lanciarsi per prima da un gruppo di uomini che poi non hanno avuto il coraggio di seguirla. E ancora, la notte a prendere l’ayahuasca con uno sciamano in Brasile, l’allucinoge­no naturale che dicono sappia curare l’anima, bevuto quando era ancora incinta. Mariacarla si può raccontare, come abbiamo provato a fare fin qui. Oppure bisogna lasciare che si racconti lei, seguire le sue traiettori­e mentali, senza nulla a inframmezz­are. Seduti in un ristorante di Roma, dove ordina il più sanguinole­nto degli hamburger, beviamo acqua e vino, e ci lasciamo trasportar­e entrambi dal suo flusso ininterrot­to di cose, di confusione luminosa.

Amo ancora la moda, dice, però mi rendo conto che comincia a venirmi tutto troppo facile. E allora su un quaderno scrivo tutte le idee che mi vengono, perché questa energia altrimenti non riesco a incanalarl­a, tutte le cose che la mia mente vede e registra, la voglia di sfida. Mi invento collezioni di moda, e ultimament­e mi piace mescolare camicie da notte anni Trenta con scarpe piene di lustrini. Poi progetto nuove riviste di viaggio. E poi scrivo idee per valorizzar­e Roma: mi piacerebbe occuparmen­e davvero. A livello turistico. Organizzar­e e promuovere eventi che possano aiutare questa meraviglio­sa città a riaffaccia­rsi al mondo. Cose diversissi­me, insomma. Perché se è vero che questa è l’unica vita che abbiamo, io voglio vivere fino a novant’anni, e vivere novanta vite in una. Adesso non ha tempo, ammette, ma un giorno realizzerà qualcosa di nuovo, ne è convinta. Lo sento, dice, pre

sto, arriverà anche il mio momento. •

Mariacarla è fatta di vento e luci stroboscop­iche. Mariacarla è cresciuta in Kenya con un bastardino e un’iguana, ha nuotato con gli anaconda, bevuto l’ayahuasca con uno sciamano in Brasile, dormito per terra nel deserto mongolo, tirato mattina negli strip club di New York.

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