VOGUE (Italy)

Lo Spirito Del Luogo

Piazze, palazzi, cappelle: Palermo è stata non solo il palcosceni­co, ma il senso autentico dell’Alta Moda rmata DOLCE & GABBANA: lo racconta uno scrittore che qui è nato, e ne conosce i segreti.

- di

DAVIDE ENIA La parola “desiderio” ha origine latina. “De-” è un pre sso che indica privazione. “Siderum” è l’astro, la stella di cui ci arriva solo il barbaglio di luce. Noi stiamo qui, lontani, pronti a tutto pur di farci illuminare da quella luce. Il desiderio è la nostra incolmabil­e, struggente distanza dalla stella. È stato questo, in penombra, il lo che ha tenuto assieme il lavoro per le nuove collezioni di Dolce & Gabbana. La scelta del luogo, innanzitut­to: Palermo, capoluogo di quella Sicilia che è una rma di riconoscib­ilità. Non è questo ritorno alle origini un tentativo di sanare una distanza? Palermo non solo palcosceni­co, Palermo leitmotiv dell’evento Dolce & Gabbana Alte Artigianal­ità. Il punto di partenza e il porto d’approdo. Non si è trattato solo di una presentazi­one di abiti e gioielli. È stato qualcosa di più profondo. Una ricomposiz­ione di simboli. Una ricostruzi­one dell’immaginari­o. Il recupero di un desiderio. Il primo evento è andato in scena a Palazzo Valguarner­a Gangi, nei saloni scelti da Visconti per il ballo de “Il Gattopardo”. Un trionfo del Rococò italiano: i pavimenti in maiolica, il sof tto a cassettoni interament­e affrescato, le pareti intarsiate, gli enormi lampadari con i cristalli colorati e, nelle teche, in perfetta continuità con l’ambiente, l’alta gioielleri­a femminile, su cui, accanto alle pietre preziose, svettava il corallo. All’improvviso, nel luglio palermitan­o il suono di un valzer. Giù in piazza, una dozzina di coppie hanno preso a volteggiar­e, due passi, una salita sulle punte, un principio di giro, mentre le gonne si gon avano e i petti si s oravano. È la messa in scena di un’idea aristocrat­ica della città, in cui la seduzione si accompagna a una eleganza mai perduta. Nell’ottica di un riposizion­amento internazio­nale, anche da qui transita il rinnovamen­to: dal gesto, dalla forma, dal recupero dello splendore che già è contenuto in sé. Non dimenticar­e mai di essere stati lo Stupor Mundi. Aspirare a esserlo di nuovo. Una leggenda popolare racconta che nelle stanze del Palazzo abitasse una donna bellissima. «Mai donna più bella ci fu a Palermo», si mormorava a mezza voce nelle piazze e nei vicoli, laddove per “mai” si intendeva il tempo n dall’inizio dei tempi e per “Palermo” si considerav­a il mondo intero. La donna era la Principess­a Giulia Mantegna di Gangi o una giovane serva ai suoi servizi. Il mistero non venne mai svelato e l’ambiguità fece ardere ancora più intensamen­te il falò del desiderio. Il popolo si radunava sotto i balconi e, quando in controluce compariva dietro la gelosia socchiusa la sagoma della donna, la piazza sospirava all’unisono. In fondo, non importava chi si muovesse

Questo siamo: siamo agrumi carichi di sole e aria che odora di mare. Siamo la zagara e l’olivo, il sapore del sale e l’ombra che dona ristoro. nella penombra. Il cuore di chi osservava era stato sedotto irrimediab­ilmente, una volta e per sempre. Ciò che contava davvero era la vampa del desiderio. Così, proprio come ci si agghinda per una occasione di festa, per fare colpo su qualcuno, per sentirsi più sicuri, per consegnars­i anima e corpo alla voluttà degli accadiment­i, anche i luoghi all’aperto deputati a location dell’evento sono stati “impupati”. “Impuparsi” a Palermo è il truccarsi, gesto accorto che necessita di grande calibro, perché il trucco non deve aggiungere né sottrarre, ma deve permettere anzi che risaltino le migliori qualità del viso, rendendolo bello e luminoso come quello dei pupi. Piazza Pretoria, scelta per ospitare la s lata d’alta moda, è divenuta il red carpet, le sale del Municipio i camerini e la sartoria. È la s lata che sarebbe stata il fuoco della serata. Era giusto rifarsi il trucco. La piazza in dialetto è detta “della Vergogna”. A prima vista perché le statue della fontana che la abita coprono con le braccia le proprie nudità. Ma in Sicilia il chiaroscur­o è un archetipo e un simbolo, e la verità ha sempre una doppia faccia, oltre a offrirsi, a queste latitudini, come un mosaico bizantino: parcellizz­ata. Così in un’altra versione più maliziosa, la piazza è così detta per il Palazzo delle Aquile, il Municipio cittadino, centro del potere e quindi per lungo tempo evidente simbolo di imperitura vergogna. Ogni simbolo può essere rovesciato nel suo opposto. E infatti, durante la sera dell’alta moda, quel luogo di potere ha generato non bassa vergogna, ma rilucente bellezza. Anche piazza del Duomo a Monreale, scelta per l’alta sartoria maschile, è stata trasformat­a: una passerella circolare dove un quartetto d’archi e un pianoforte hanno suonato una melodia che ha reso lieve un luogo votato alla contrizion­e e all’ascetismo monastico. Un primo lavoro di sartoria è stato eseguito, dunque, proprio sul tessuto urbano. I due stilisti hanno letteralme­nte rivestito le piazze. La danza della seduzione poteva avere inizio. Nelle collezioni, il senso dell’intera operazione è divenuto manifesto.

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