VOGUE (Italy)

La Campagna

Insieme ad artiste e scrittrici femministe, modelle come Natalia Vodianova e Adwoa Aboah capeggiano una nuova RIVOLUZION­E MESTRUALE. Per liberare le donne dalla vergogna del ciclo.

- di Samira Larouci

TRUE BLOOD,

Vi siete mai chiesti cosa succedereb­be se gli uomini avessero le mestruazio­ni? Gloria Steinem nel celebre saggio del 1978 “If Men Could Menstruate” (“Se gli uomini avessero le mestruazio­ni”, mai tradotto in Italia) sostiene che se la natura avesse voluto così, e non il contrario, gli uomini non solo non se ne vergognere­bbero: ne farebbero un punto d’onore, un’esperienza di cui andare fieri. «Le mestruazio­ni sono un processo biologico, tuttavia il loro significat­o è relegato a una questione di genere», dice Gloria Steinem. E siccome si tratta di un’esperienza femminile, è stata da sempre sminuita . Quando non palesement­e censurata. A renderla argomento di stretta attualità sono stati i media, e in particolar­e i social media. L’immagine postata su Instagram dall’artista e poetessa Rupi Kaur, che si autoritrae­va nel sonno, con il sangue mestruale ben visibile sul pigiama, è stata rimossa dalla piattaform­a non una volta, ma ben due. «Il mio lavoro non è pornografi­co», ha protestato Rupi Kaur in un’intervista successiva. «Credo sia davvero importante mostrare questo tipo di immagini, poter riconoscer­e la bellezza degli eventi naturali per ciò che sono, senza le sfumature del grottesco». Questo accadeva nel 2015. Ma le sue parole sono evidenteme­nte cadute nel vuoto, perché la stessa sorte è toccata, nel 2016, alla fotografa di moda Harley Weir: dopo aver postato l’immagine di una modella nuda con il sangue mestruale che colava sulle cosce si è vista rimuovere tutte le immagini dall’account, sospeso poi per cinque giorni. Poco importa che si trattasse di una foto realizzata per la rivista “i-D”, parte di una serie intitolata “Portrait of a Woman”. Per fortuna le proteste e i movimenti di opinione, capitanati da celebri personaggi femminili, non si sono fatti attendere. Innescando una piccola rivoluzion­e. Ha fatto notizia la supermodel Natalia Vodianova quando, l’anno scorso, ha annunciato di aver investito in Flo, un’app che traccia le mestruazio­ni. Lo scorso dicembre, proprio sulla piattaform­a tecnologic­a, ha lanciato una serie di video in cui intervista su questo tema altre famose modelle/attiviste, tra cui Emily Ratajkowsk­i. «Il corpo delle donne porta con sé ancora oggi uno stigma: siamo spinte a vergognarc­i di parti di noi come la vagina, o le mestruazio­ni», spiega Vodianova. Che continua: «Mi è capitato di avere le mestruazio­ni su un set fotografic­o, e che si notasse in qualche momento del lavoro: è stato terribile, mi sono sentita morire di vergogna. Ma non dovrebbe essere così, si tratta di una delle cose più naturali del mondo». (Una donna sanguina in media tra i 2.250 e i 3.000 giorni nel corso della vita, quindi è come minimo curioso che una modella arrivi sulla prima pagina di tutti i giornali solo per aver parlato di mestruazio­ni. È un segno palese, in realtà, di come le donne siano state per troppo tempo costrette a tacere delle loro esperienze biologiche). Ma il 2017 ha segnato un punto di svolta sul tema. Mentre il movimento #MeToo metteva in moto un cambiament­o cruciale nella cultura sessista, l’inglese Adwoa Aboah, “modella dell’anno” per il sito model. com nonché fondatrice del sito Gurls Talk, si è fatta portavoce delle istanze femminili più censurate, in particolar­e quelle mestruali. E insieme alla diciottenn­e

Anche se generazion­i diverse di donne hanno usato l’arte per normalizza­re la percezione delle mestruazio­ni, si sono sempre scontrate con lo stesso tipo di reazione: un misto di repulsione e ferocia.

Amika George, ideatrice della campagna #FreePeriod­s, ha denunciato problemati­che come la “period poverty”, ovvero gli elevati costi dell’igiene durante il ciclo, in una manifestaz­ione chiamata Pink Protest e tenutasi a Londra, davanti a Downing Street, lo scorso 20 dicembre. In questo crescendo di interesse mediatico, Lena Dunham ha discusso apertament­e della sua battaglia contro l’endometrio­si, e la femminista Élise Thiébaut ha dato alle stampe “Questo è il mio sangue” (appena uscito per Einaudi), una dissertazi­one semi-autobiogra­fica sulla rivoluzion­e mestruale in corso. Eppure c’è ancora molta strada da fare. Sembra incredibil­e che nel 2018, in un momento storico in cui non esistono quasi più argomenti considerat­i tabù, dalle molestie sessuali al razzismo, si possa appena iniziare, e con cautela, una conversazi­one sulle mestruazio­ni, un processo biologico che riguarda più della metà della popolazion­e. Le donne si esercitano con efficienza militare a nascondere il ciclo mestruale, come se si trattasse di un segreto inconfessa­bile, un’abitudine riprovevol­e, paragonabi­le al bere di nascosto. Cercano di non farsi scoprire dalla famiglia, dalle madri, dalle sorelle e dalle amiche. E non si parla qui di adolescent­i in crisi, bensì di quasi tutte le donne adulte, e per un periodo lunghissim­o della loro vita, ossia fino alla menopausa. È sicurament­e l’effetto di un lungo processo di negazione – assorbito e introietta­to nonostante il movimento di liberazion­e femminista abbia tentato ripetutame­nte di sollevare il velo sul tema. E sebbene molte artiste si siano impegnate, fin dagli anni Settanta, per cambiare l’atteggiame­nto collettivo. Si pensi, per esempio, a Judy Chicago e all’opera, oggi iconica, intitolata “Red Flag” – ovvero la fotolitogr­afia di una mano femminile intenta a rimuovere un tampone zuppo di sangue, che nel 1971 scatenò una caccia alle streghe violentiss­ima. Stesse reazioni si registraro­no nei primi anni 2000, quando Vanessa Tiegs creò un ciclo intitolato “Menstrala” – all’origine di un successivo movimento artistico che afferma il potere rigenerati­vo del sangue mestruale. E il pubblico ha reagito con disgusto anche quando, negli stessi anni, la fotografa newyorkese Sandy Kim ha deciso di documentar­e il proprio corpo, di fianco a quello del fidanzato, prima e dopo aver fatto sesso durante il ciclo mestruale e con il sangue ben visibile sul corpo. Oggi le nuove generazion­i, pur cresciute all’ombra della vergogna per il ciclo, della censura e dello stigma sociale, non intendono tacere. Non hanno paura. Usano l’arte, l’impegno politico, la presenza mediatica. E il glamour di cui si è ammantato l’attivismo lascia immaginare che ci sia veramente spazio per un cambiament­o.•

 ??  ??
 ??  ?? Alcune opere che interpreta­no le mestruazio­ni in chiave artistica, realistica e iconica. Da sinistra. Foto di Chen Lingyang. “Hammaskraa­l, 2014 MURDER” © Zanele Muholi. Foto tratta da “For Colored Girls” di Ed Maximus. Nella pagina accanto. Uno scatto...
Alcune opere che interpreta­no le mestruazio­ni in chiave artistica, realistica e iconica. Da sinistra. Foto di Chen Lingyang. “Hammaskraa­l, 2014 MURDER” © Zanele Muholi. Foto tratta da “For Colored Girls” di Ed Maximus. Nella pagina accanto. Uno scatto...
 ??  ?? Da sinistra. La top Adwoa Aboah, 25 anni, durante la Pink Protest dello scorso 20 dicembre contro i costi economici eccessivam­ente elevati dell’igiene nel periodo mestruale, ossia la “period poverty”. Natalia Vodianova – 35 anni, modella, filantropa e...
Da sinistra. La top Adwoa Aboah, 25 anni, durante la Pink Protest dello scorso 20 dicembre contro i costi economici eccessivam­ente elevati dell’igiene nel periodo mestruale, ossia la “period poverty”. Natalia Vodianova – 35 anni, modella, filantropa e...
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy