L’Incontro
«Il museo del futuro è nelle nostre case», dice Orhan Pamuk. Che agli oggetti di tutti i giorni ha dedicato un romanzo e uno spazio a Istanbul. E ora a milano...
STRAORDINARIO ORDINARIO,
È appassionato, Orhan Pamuk, premio Nobel 2006 per la letteratura, quando parla delle sue due creature – un romanzo e un museo da lui creato cui ha dato lo stesso titolo, “Il Museo dell’innocenza”. Due modi per narrare la travagliata relazione tra Kemal e la lontana cugina Füsun. «Per consolarsi della fine della storia, Kemal conserva tutto ciò che l’amata tocca; una raccolta che poi espone nel Museo dell’innocenza che crea appositamente», dice Pamuk, davanti alle vetrine colme di oggetti al centro della mostra “Amore, musei, ispirazione”, al Museo Bagatti Valsecchi di Milano. E che altro non sono se non le riproduzioni di quelle assemblate per il museo che Pamuk ha aperto a Istanbul. «A volte, alcuni di questi oggetti scivolano l’uno verso l’altro e, d’un tratto, torna alla mente un istante dimenticato; così, un vecchio orologio andato perso, un mozzicone, una conchiglia, una saliera, una cartolina possono ricordarci episodi del nostro passato». Oggetti che acquistano un’aura, sottratti dalle strade della città, e dalle pagine del suo libro, per divenire quasi sacrali, ex voto donati allo sguardo dei visitatori. Sullo sfondo, Istanbul, dagli anni 50 al nuovo millennio. «Dopo la morte di Füsun, nel libro, Kemal visita il Bagatti Valsecchi più volte, come ho fatto io. È un museo originale, perché voluto da chi vi ha anche vissuto». A Milano, come a Istanbul, si serbano la traccia, l’anima, la vita dei fondatori. Un manifesto per il museo di domani? «La letteratura del 900 narra la vita di gente ordinaria, come “Ulisse” di Joyce. Scriverne le storie significa trasformarli in personaggi unici. È il potere della scrittura: rendere straordinario l’ordinario». Finita l’epica, la Storia, il museo del futuro è nelle nostre mani, nelle nostre case. Basta saper raccontare, con innocenza, la bellezza del quotidiano.