E L’Oro Diventò Prêt-À-Porter
Cosa hanno in comune l’emancipazione femminile e un brand di gioielli? In parole e immagini lo racconta il libro che ripercorre i 50 anni di POMELLATO.
Fine anni 60, Brera, Bar Jamaica. Il ritrovo degli artisti. Un imprenditore milanese, Pino Rabolini, seduto al tavolino si sofferma sul fascino eccentrico delle donne che ne animano le nottate. Sono Gigina Baj e Antonia Mulas, la ceramista Giorgina Lattes, la cantante Maria Monti e un’attrice emergente, Mariangela Melato. Disinvolte, intelligenti. I volti, le risate, le contaminazioni estetiche, i discorsi sovversivi contro un passato statico e opprimente accendono l’immaginazione di Rabolini che ne trae impressioni stilistiche per creare gioielli colorati, giocosi, modernissimi. La prima collezione Pomellato vede la luce nel 1967: «Trenta pezzi dove avevo concentrato le ribellioni di quel decennio cruciale», racconta il fondatore in “Pomellato: Since 1967”, il libro in uscita che celebra cinquant’anni del brand. L’oro diventa dinamico, lieve: la catena lunga, il ciondolo feticcio, la maglia gourmette. «Ero ammaliato dal concetto di prêt-à-porter, un modo di dire che cominciava a prender corpo in quegli anni e lasciava intravedere un futuro sorprendente». E così fu. Nei decenni a seguire arrivano le pietre dalle forme morbide, gli anelli maxisize, i cromatismi decisi, le campagne di Helmut Newton, le foto con Tilda Swinton. Pomellato, oggi, fa parte del gruppo Kering e Pino Rabolini, uscito dalla società, nella sua nuova vita fa il produttore cinematografico. Ma il significato di prêt-à-porter è proprio questo: non aver paura di cambiare.•