Style/Il Designer il tempo ritrovato, di Marta Galli
Per Gabriele Colangelo, direttore creativo di GIADA, disegnare è «un esercizio spirituale». Misurato, sartoriale, raffinato, qui racconta il lusso di cesellare gli abiti.
«Dalla tridimensionalità del passato siamo arrivati alla bidimensionalità dello schermo del computer o del telefonino», ironizza Gabriele Colangelo, raro minimalista nel panorama massimalista dell’era dei social network. Dal 2015 ha assunto le redini creative di Giada – marchio fondato da Rosanna Daolio nel 2001 –, declinando un’eleganza timeless per una donna «colta e sensibile, discreta e dalla forte personalità, che non cerca nell’abito una conferma». Con la sua cifra – stile cesellato dall’afflato concettuale – ha assolto il compito d’imprimere al brand identità. «Spesso minimalista fa rima con semplicistico: io non lo credo affatto, ci vuole più dedizione a iniettare contenuto in un abito essenziale che in uno ridondante». Il suo modus operandi parte delineando un orizzonte d’idee frutto delle suggestioni dell’arte contemporanea e si definisce in una certosina ricerca sartoriale: selezione delle materie, messa a punto del «dettaglio inusitato», soluzioni inedite («abbiamo trasferito alla seta la lavorazione double del cachemire»), bellezza sempre funzionale («le chiusure gioiello sono elementi fruibili»). D’altra parte, se per lui la moda è arte applicata, l’imprescindibile attributo del lusso deve essere il valore intrinseco. «Il tempo è il lusso di oggi? Puoi chiamarlo anacronistico, ma per me è anche quello dedicato alla concezione e realizzazione dei capi», dice lo stilista che, formatosi negli anni 90 – «quando il messaggio estetico veniva prima del prodotto» –, ha una medesima ricetta fatta di pensiero. In questi giorni frettolosi e superficiali, quello di Gabriele Colangelo per Giada è un tempo ritrovato. Perché quando si tratta di qualità, ci vuole il tempo che ci vuole. •