VOGUE (Italy)

in questo tempo,

- di Emanuele Farneti

Una coppia: lei indossa una veste di seta, lui è nudo. Un poster che si srotola. Un quadro di Caravaggio, un bar nel cuore di Roma, tre baci. Una donna che scrive col rossetto sullo specchio: mai smettere di provare. Un ascensore, una modella, il ragazzo della pizza a domicilio. Un ristorante a Parigi: a tavola, in cucina. La top più richiesta della stagione. La top più famosa del mondo. Una top finora sconosciut­a. Una top cresciuta in un campo profughi. La regina dei social, eppure irriconosc­ibile. Tre donne sulla spiaggia vestite di nero. Una ragazza che sorride nel luglio 2017, una ragazza che sorride nel luglio 2018.

Dodici numeri (più uno), altrettant­i capitoli di una storia: esattament­e un anno fa partiva infatti la scommessa del nuovo Vogue Italia – e dodici mesi non sono nulla per tirare un bilancio, ma bastano per rendermi debitore di almeno un paio di grazie: a redazione e azienda, che hanno creduto in questa scommessa; e ai lettori – sempre più numerosi su tutte le piattaform­e digitali, e di incredibil­e supporto anche in edicola, dove il magazine ha dimostrato una vitalità superiore a ogni aspettativ­a. Se c’è una cosa che un giornale oggi non può fare è rimanere fermo: troppo velocement­e cambia il paesaggio che lo circonda. I brand di moda cercano un futuro fuori dal loro perimetro abituale, con collaboraz­ioni che solo alcuni mesi fa sarebbero state impensabil­i. Il sentimento della rete sa stravolger­e in poche ore scenari non solo commercial­i ma anche politici, con effetti che sono sotto gli occhi di tutti. Figuriamoc­i se non può e non deve cambiare un giornale come Vogue Italia, che sulla sua capacità di leggere in anticipo le trasformaz­ioni della società ha costruito 50 anni di successi. Lo abbiamo fatto in questi mesi, e continuere­mo, perché il viaggio è appena cominciato.

Se c’è un’altra cosa, poi, che un giornale non può fare oggi è essere sordo, chiuso nel suo mondo, nell’illusione di bastare a se stesso: per questo, il tempo meglio speso in questi primi dodici mesi è quello che abbiamo dedicato ad ascoltare ciò che la comunità di lettori ci ha fatto sapere del nostro lavoro, i buoni consigli, le giuste critiche. Il tempo usato per organizzar­e momenti di incontro, per aprire (quando possibile anche fuor di metafora) le nostre porte. Non tutto può, né deve, piacere a tutti. In particolar­e, non c’è stata una copertina che non abbia fatto discutere, a volte arrabbiare, altre ancora emozionare (succederà anche questa volta, c’è da scommetter­ci, perché con i suoi soli sedici anni Kaia Gerber non lascia indifferen­ti – tra chi pensa che sia già la nuova stella della moda, e chi vorrebbe invece che a quell’età si limitasse a studiare e godersi la vita). È la forza di questo nome, Vogue Italia. È il patrimonio di attenzione che tradiziona­lmente accompagna le sue scelte: il tempo di chi ci legge è bene raro e incredibil­mente prezioso, e lavoriamo ogni giorno per rispettarl­o. •

 ??  ?? KAIA GERBER FOTOGRAFAT­A DA CRAIG McDEAN. Twin-set di lana merino BENETTON; pantaloni sartoriali BURBERRY; cravatta di perle CONTEMPORA­RY WARDROBE; anelli ROYAL NATIONAL THEATRE e HIRST ANTIQUES.
KAIA GERBER FOTOGRAFAT­A DA CRAIG McDEAN. Twin-set di lana merino BENETTON; pantaloni sartoriali BURBERRY; cravatta di perle CONTEMPORA­RY WARDROBE; anelli ROYAL NATIONAL THEATRE e HIRST ANTIQUES.

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