inghiottite dai colori,
Sono le donne di TERESA BURGA, oggi in Europa con due rassegne in scala museale. Che riscattano e valorizzano l’avanguardia moderna latino-americana.
Censure, ostracismi e preconcetti hanno penalizzato decenni di avanguardia artistica latino-americana. E la produzione creativa del secondo dopoguerra di Paesi come Cuba, Argentina, Colombia, Cile o Perù, sempre sensibile al corso internazionale degli eventi dell’arte, ma messa purtroppo in ombra da realtà storiche avverse, guerriglie, guerre civili, dittature politiche e culturali, pregiudizi di destra e di sinistra, ha a lungo costituito un fenomeno marginale, incompreso e trascurabile. Un’arte reputata troppo alternativa e sovversiva nei suoi Paesi d’origine e perlopiù snobbata dall’establishment occidentale. Un’arte moderna “terra di nessuno”, ignorata o disdegnata oltreconfine, che appare oggi in gran parte da riscoprire e riscattare. Ha aperto la strada al successo delle nuove generazioni dell’arte sud-americana, alla progressiva conquista di planetaria rilevanza. Costituisce, non a caso, una fonte pressoché inesauribile di sorprese. Correnti, movimenti, manifesti e figure di primo piano, attive dai primi anni Sessanta e assai prolifiche a tutt’oggi come l’ultraottantenne, nativa di Iquitos, Teresa Burga. Riproposta nel 2012 dall’art dealer Barbara Thumm di Berlino, che l’ha inclusa nella sua scuderia e ne tratta adesso l’attività in esclusiva. E protagonista quest’anno di ben due rassegne museali: una recentemente dedicata dallo S.M.A.K. di Gent alla sua produzione concettuale, che includeva installazioni, disegni e oggetti degli anni Settanta. E l’altra, “Teresa Burga. Aleatory Structures”, in corso al Migros Museum für Gegenwartskunst di Zurigo fino al prossimo 12 agosto, che ne ripercorre invece l’opera a tutt’oggi, mettendo in risalto il carattere multimediale e sperimentale della sua produzione a partire dagli anni Sessanta. Con “Arte Nuevo”, infatti, il gruppo istituito dalla peruviana Burga tra 1966 e 1968 insieme con artisti suoi conterranei come Luis Arias Vera, Gloria Gómez-Sánchez, Jaime Dávila, Armando Varela o Luis Zevallos Hetzel, vengono importate e introdotte in patria tendenze internazionali d’avanguardia come Pop art, Op art e happening. Tendenze dell’arte Usa ed europea osteggiate dal governo militare e dalle idee populiste del generale Juan Velasco Alvarado, che le reputa manchevoli di carattere peruviano, limitandone la circolazione nel Paese. Tendenze che tuttavia Teresa Burga, artista donna che ama la ricerca e il confronto con tecniche diverse, non manca d’indagare realizzando opere a due e a tre dimensioni in cui confluiscono tinte vivaci, immagini segnaletiche e geometriche articolazioni di pattern, nonché rimandi alla cultura d’origine, alla storia, alla società e alla condizione femminile. Una condizione rappresentata con figure e corpi stereotipi, donne che diventano cliché di genere, silhouette ben pettinate e imbellettate, inghiottite e annullate dai colori e decori di cornici e piedistalli, architetture e arredi, superfici e oggetti. D’altra parte, gli anni Settanta, Ottanta e Novanta della sua stagione concettuale e post-concettuale si declinano in bianco e nero, con fotografici autoritratti su schede perforate. E si evolvono in modi di sperimentare e spaziare dall’arte alla scienza, e dall’ambiente all’oggetto, alla cyber-installazione, che precorre il tempo con le sue intermittenti mutevoli sagome luminose. •