VOGUE (Italy)

loro indossavan­o io disegnavo,

C’è stato un tempo, prima di Instagram e della fotografia, in cui la moda si affidava alla matita. E sul “New York Times” JIM HOWARD incantava le ragazze.

- di Benedetta Blancato

Per quarant’anni la pubblicità di moda in America ha portato la firma di un estroso dandy, Jim Howard. I suoi disegni hanno incantato grandi del lusso come Neiman Marcus e Saks Fifth Avenue e permesso alle americane di scoprire fra le pagine del “New York Times” le creazioni di Dior, Oscar de la Renta, Calvin Klein, Yves Saint Laurent. Oggi il fashion system si ricorda di quando la pittura è stata la sua più fedele compagna con “Drawn to Glamour”, la prima retrospett­iva dedicata a Howard – arzillo 87enne – e curata da Florence Müller al Denver Art Museum.

Come è arrivato all’illustrazi­one di moda? Durante la mia infanzia, in Texas, l’unico disegnator­e che conoscessi si chiamava Walt Disney. Dopo il college volevo diventare pittore, ma ho trovato lavoro come vetrinista in una boutique di Austin e lì ho cominciato a disegnare qualche bozzetto. Verso la fine degli anni Cinquanta ho presentato il mio portfolio a Neiman Marcus, a Dallas, e mi hanno assunto come illustrato­re di moda. Poco dopo ero freelance a New York.

In cosa consisteva il suo lavoro?

La routine era molto semplice: i grandi magazzini sceglievan­o gli outfit, le modelle li indossavan­o, io disegnavo.

Il suo stile è diventato iconico.

Penso che il merito sia dell’influenza delle riviste italiane, Vogue soprattutt­o. Avevano un approccio alla moda più esotico e al tempo stesso più realistico di quello che si vedeva in America.

Ha mai pensato di diventare stilista? Stranament­e no. Ho fatto solo qualche schizzo di costumi di scena perché amo il teatro. Da qualche anno però produco libri di paper doll, per dar sfogo alla creatività.

Il suo lavoro oggi non esiste più.

La fine della mia carriera è cominciata con una telefonata di Macy’s, negli anni Ottanta. Mi annunciava­no che avrebbero lavorato con i fotografi. La nuova generazion­e di art director era cresciuta con la fotografia e gli store avevano smesso di fare pubblicità sui quotidiani. Forse è stato un sollievo, la moda era cambiata e lo stile era diventato erratico al punto da chiedermi se avrei mai potuto interpreta­rlo. Certo mi avrebbe divertito provarci. Le foto sono più forti delle pennellate?

Può sembrare strano, ma le donne si immedesima­no meglio in un’illustrazi­one. Negli scatti, soprattutt­o di volti noti, ho l’impression­e che questa transizion­e sia meno immediata. Segue ancora la moda?

Certo! Anche se sono fra i pochi sopravviss­uti di un’epoca. Vivo in un quartiere dove molti dei miei vicini sono stati modelli, così ci passiamo le riviste. E ci piace discutere. Sarebbe fantastico aprire Vogue e trovarci solo illustrazi­oni.

È questo il suo desiderio?

Non è l’unico. Quando lavoravo, sono stato a Milano e a Parigi. Oggi ho donato al museo di Denver la mia collezione di disegni. Spero siano loro ora a viaggiare per il mondo.•

 ??  ?? Un ritratto dell’illustrato­reJim Howard nel 1965. Drawn to Glamour, la mostra a lui dedicata al Denver ArtMuseum, resterà aperta fino al 5 agosto.
Un ritratto dell’illustrato­reJim Howard nel 1965. Drawn to Glamour, la mostra a lui dedicata al Denver ArtMuseum, resterà aperta fino al 5 agosto.

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