immaginare un domani,
L’infanzia violenta in Sierra Leone, il sogno (avverato) della danza, le macchie sulla pelle. MICHAELA DEPRINCE si racconta. In attesa del film diretto da Madonna.
Un’infanzia in Africa segnata da lutti e violenze. Poi il riscatto e il successo in America. È una storia estrema quella della ballerina ventitreenne Michaela DePrince, nata in Sierra Leone come Mabinty Bangura. Se l’ha resa nota il best seller “Taking Flight”, scritto con la “madre americana” che l’ha adottata bambina, lei di quel libro non vuole più parlare «per non risvegliare gli incubi». Lo farà invece un film, diretto da Madonna, che vi ha visto un’occasione unica per raccontare la sanguinaria guerra civile in Sierra Leone, di cui Michaela concede un unico ricordo: «La foto di una ballerina che mi capitò tra le mani: confortò gli orrori dell’orfanotrofio, facendomi immaginare un domani». Come portavoce dei bambini africani vittime di guerra per la ong War Child Holland, con progetti per portare scolarità e arte nel suo paese natale, Michaela vuole «dare l’opportunità di realizzare il proprio sogno, anche se vi diranno che non è possibile». Per lei non è stato facile, anche nell’America postracial, confrontarsi con il prototipo della ballerina classica, bianca ed eterea: «Da bambina non capivo perché nelle scuole di balletto non c’erano allievi di colore: compagni e insegnanti mi facevano sentire diversa e mi indirizzavano alla danza moderna. Ora non mi sento più discriminata: le cose stanno cambiando, ma la danza classica dovrebbe essere più aperta alla diversità etnica». All’Het, la compagnia di balletto olandese dov’è solista, Michaela può ambire a interpretare una Principessa cigno o una Giselle nera: forse la prossima stagione, lascia intendere. Indossando scarpette e collant del colore della sua pelle, invece del tradizionale rosa, e senza coprire quella vitiligine considerata demoniaca in Africa. «Ho imparato a non vergognarmene, anzi penso mi renda unica. Finalmente oggi mi piace essere diversa».•