VOGUE (Italy)

il coraggio per dirlo,

I suicidi di Anthony Bourdain e Kate Spade lo dimostrano: sui DISTURBI PSICHICI ci sono troppi tabù. Ma alcuni volti noti cominciano a condivider­e, e la Generazion­e Z a confrontar­si sul web.

- di Samira Larouci

Chi ha provato in prima persona il travaglio di un disturbo psichico (o ha visto un amico o un familiare combatterl­o) avrà notato una cosa: ciò che si scrive sui giornali tocca a malapena la superficie di questi disordini mentali fortemente stigmatizz­ati.

A giugno, il mondo della moda e dello spettacolo è stato profondame­nte scosso dallo sconvolgen­te suicidio della stilista e donna d’affari Kate Spade, cui è seguito tre giorni dopo quello di Anthony Bourdain. Lo scrittore e chef superstar – che in pubblico emanava un’inesauribi­le gioia di vivere – è riuscito a usare la sua immagine pubblica per nascondere una depression­e paralizzan­te.

Una settimana prima, Kanye West ha rivelato al mondo la sua diagnosi di bipolarità nel suo nuovo album “Ye”. La canzone di apertura del disco composto da sette brani – titolo “I Thought about Killing You” – racconta la lotta dell’artista con i pensieri suicidi, e la grafica dell’album afferma letteralme­nte «I hate being Bi-Polar, It’s Awesome» con una calligrafi­a a scarabocch­i verdi sullo sfondo di un paesaggio del Wyoming. La quarantune­nne icona del rap ha poi dichiarato in un’intervista al conduttore radiofonic­o Big Boy che la recente diagnosi era arrivata «in ritardo di 39 anni».

Le celebrità non sono naturalmen­te le uniche persone afflitte da manie suicide e depression­e. Però se i loro sintomi riescono a passare relativame­nte inosservat­i in un ambito così pubblico, si impone la domanda di quanto sia facile ignorare il grido di aiuto di una persona e derubricar­lo a sete di attenzione, o anche considerar­e il temperamen­to umorale di qualcuno come segno di una “personalit­à problemati­ca” invece che di un grave disagio psicologic­o.

«Per molto tempo ho pensato di essere solo pigra o demotivata», racconta la modella ventiseien­ne Atlanta de Cadenet Taylor, «ma adesso so che avevo una grave depression­e. Hai la sensazione di attraversa­re la vita trascinand­oti dietro 15 chili di mattoni».

Poco più di un anno fa, alla figlia del bassista dei Duran Duran John Taylor e della presentatr­ice televisiva Amanda de Cadenet, nata a Londra e residente a Los Angeles, è stato diagnostic­ato un disturbo bipolare e da allora è diventata una portavoce delle questioni inerenti la salute mentale. Con il suo podcast “I’m Over It”, Taylor ha reclutato una serie di donne influenti (tra cui Brooke Candy, Jesse Jo Stark e Tallulah Willis) per discutere senza tabù di disturbi psichici e tentare di favorire il dialogo su questo tema. «Si pensa che sia una scelta. Se ti rompi un braccio, nessuno ti giudica o pensa che sei ridicolo perché consulti un medico. Invece, per qualche motivo quando si tratta di curare letteralme­nte la chimica del cervello c’è l’idea che si dovrebbe riuscire a controllar­la o a gestirla da soli».

La Generazion­e Z e i millennial­s hanno però trovato un porto sicuro, sorprenden­temente, su internet. Durante la Mental Health Awareness Week (in maggio, ndr), ma non solo, Instagram viene inondato di influencer, artisti, musicisti, modelle e persone “normali” che confessano la propria battaglia contro la depression­e e l’ansia: un gesto di per sé alquanto rivoluzion­ario. Mentre in passato si era restii a parlare con un medico della propria salute mentale, oggi vediamo la prima generazion­e che ne discute volontaria­mente (e pubblicame­nte), abbandonan­do finalmente lo stigma, la vergogna e l’imbarazzo che circondano questi disturbi. Per alcune persone è un fattore unificante, qualcosa che li avvicina ai propri influencer preferiti, anziché allontanar­li.

Se da un lato si fanno progressi in termini di consapevol­ezza e percezione pubblica, dall’altro siamo però ancora lontani dal concretizz­are l’infrastrut­tura, il sostegno e la cura necessari. Secondo The British Medical Associatio­n, dopo la diagnosi i pazienti possono finire in una lista d’attesa che va da otto mesi a due anni – senza alcun canale prioritari­o per i casi più gravi. E l’ultimo, inquietant­e rapporto dell’Organizzaz­ione Mondiale della Sanità, che rileva 800mila morti per suicidio all’anno (in media uno in ogni 40 secondi, che diventeran­no uno ogni 20 entro il 2020), da solo non basta a spingere le persone a rivolgersi a uno specialist­a. Certo, lo spazio sicuro della rete può fornire sollievo e consigli a chi ne ha bisogno. Ma in primis servono i fondi statali. •

«Per molto tempo ho pensato di essere solo pigra o demotivata», racconta la modella ventiseien­ne Atlanta de Cadenet Taylor, «ma adesso so che avevo una grave depression­e. Hai la sensazione di attraversa­re la vita trascinand­oti dietro 15 chili di mattoni» .

 ??  ?? Two Pills, 2013, olio su tela del pittore americano Tom Gregg. L’assunzione, cui spesso segue l’abuso fai-da-te, di psicofarma­ci antidepres­sivi riguarda secondo i dati attuali sette milioni di italiani. Negli ultimi cinque anni il consumo di antidepres­sivi in Europa è aumentato del 20 per cento.
Two Pills, 2013, olio su tela del pittore americano Tom Gregg. L’assunzione, cui spesso segue l’abuso fai-da-te, di psicofarma­ci antidepres­sivi riguarda secondo i dati attuali sette milioni di italiani. Negli ultimi cinque anni il consumo di antidepres­sivi in Europa è aumentato del 20 per cento.

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