una certa idea di mondo,
VIAGGI che ti trasformano, esperienze collegate ad arte e design, in cui il vero lusso sono i rapporti umani: così cambia il turismo ai tempi dei nativi digitali.
Cosa hanno in comune una residenza georgiana nella campagna inglese come Heckfield Place e il prossimo cantiere a Mumbai firmato Soho House, celebre brand di hotellerie riservato ai soci? Non solo il fatto di essere i prossimi “hotel to be”, bensì quel minuzioso lavoro sperimentale, alla ricerca di insolite forme di evasione, in cui il fattore umano è fondamentale. Soprattutto per i “nativi digitali” ritrovare se stessi o collezionare post edenici non è più abbastanza: il viaggio dovrà “trasformare” e lasciare domande aperte.
Questa filosofia guida i team creativi delle agenzie di viaggio d’ultima generazione, come 62°Nord, che insegna ai propri ospiti come vivere esclusivamente con il raccolto e la pesca del fiordo in una fattoria centenaria di Glomset, in Norvegia. Oppure Cuba Candela, specializzata in itinerari inattesi sull’isola caraibica, con lezioni di pugilato in uno storico ring sotto il cielo de L’Avana. E ancora, l’agenzia Belmond, che all’alba conduce i passeggeri del treno Belmond Andean Explorer a praticare yoga nella sala d’attesa di un’antica stazione ferroviaria, affacciata sul Lago Titicaca. Mentre People Make Places è uno studio che organizza avventure e svela il Giappone recondito attraverso i luoghi e le storie di artigiani e designer locali. Il progetto dimostra
anche una vena editoriale, con la pubblicazione di un libro patinato che raccoglie dieci anni di scoperte. Anche l’Italia dimostra di avere un tratto intraprendente e creativo. A Roma, il G-Rough, membro sin dagli esordi dei Design Hotels, recupera e rivisita l’antica arte dell’ospitalità mediterranea, fondata su ancestrali valori di condivisione, diventando «il primo di un’intima catena di proprietà unite dalla stessa visione di bellezza e autenticità» come racconta il proprietario Gabriele Salini. Una sorta di “famiglia” italiana, che accende sinergie e diffonde il proprio manifesto.
Creare comunità facilitando dialoghi e connessioni è tra i fondamenti di Beyond Luxury, format di fiere itineranti a metà strada tra festival e design week, da Miami a Bali, pensato per ispirare non solo sul dove, ma sul come viaggiare. L’ha fondato l’imprenditore Serge Dive, animato dal desiderio di tessere la trama di una nuova idea di lusso: «Il turismo high-end negli ultimi anni si è scoperto una profonda vocazione creativa e coinvolge sempre più design e arte. Oggi è pronto a confrontarsi con le grandi sfide che il mondo sta affrontando». I marchi del travel esclusivo abbandonano lo sfarzo fine a se stesso e cominciano a nutrire concretamente piccole e grandi utopie. Una sensibilità che tocca diversi ambiti, dalla ricerca di tecniche alternative di sostenibilità focalizzate sull’azzerare i rifiuti, alla sperimentazione di illuminanti forme di gentrificazione, ovvero quell’insieme di cambiamenti sociourbanistici che convertono le periferie metropolitane in quartieri emergenti. Lo sa bene Philip Kafka, pioniere del mercato immobiliare postcrisi di Detroit e portavoce di una riqualificazione urbanistica attuata in empatia con le comunità locali. L’idea che guida la sua compagnia Prince Concepts è semplice e pragmatica: il capitale risparmiato dall’acquisto di immobili a basso costo non deve essere accantonato, ma reinvestito in progetti di arte e cultura, per far sì che passato e futuro si integrino abitando in armonia gli stessi block.
E se da un lato c’è chi lavora per riscrivere i codici del post-turismo, il compito di chi esplora resta invariato e può essere ancora oggi rintracciato in quell’arcana virtù che Bruce Chatwin riconosceva a Robert Byron: il saper «desumere lo spirito di una civiltà dalla sua architettura e trattare le costruzioni antiche e la gente moderna come due sfaccettature di una storia che continua».•