L’oggetto ritrovato
Questo è un vaso, un recipiente in argilla. Abbiamo scoperto, secoli fa, che eravamo capaci di dare forma alla terra con le nostre mani, per contenere la vita. Un vaso di argilla è un oggetto universale, comune a tutte le culture, passate, presenti e future. È un oggetto ancora contemporaneo, esiste tutt’oggi in molte parti del mondo, e può contenere acqua, aria e luce, gli elementi primari. Un vaso di argilla è un oggetto per rituali di nascita, di vita e di morte. L’acqua che raccoglie, poi, è fondamentale, è l’origine della vita, esiste sempre in qualche forma e in qualche modo, è l’origine dello spazio anche quando non c’è. A Tara House – un progetto che abbiamo realizzato a Kashid, in India, nel 2005 – abbiamo trovato un’apertura nel terreno che conteneva acqua dolce. Quel luogo è diventato il centro immaginario, il punto di par- tenza e di arrivo dell’architettura da noi disegnata. Il pozzo rappresenta le fondamenta del progetto, in senso metaforico e in senso fisico, senza quella fonte la casa non potrebbe esistere. L’acqua è il nutrimento, è l’ombelico dell’abitazione, uno spazio che si deve conoscere e gestire secondo le stagioni. L’acqua continuerà a esistere anche dopo di noi. La casa andrà in rovina, forse sarà abbandonata, ma il nucleo, il volu- me d’acqua conserverà lo spazio, e le sue strutture permetteranno di gettare nuove fondamenta. In relazione all’architettura, ciò che davvero conta è il rispetto con cui trattiamo la terra, il cielo e ogni altra cosa tra cielo e terra. ¥ Bijoy Jain (53 anni) è un architetto indiano. Dopo avere lavorato a Londra e Los Angeles con Richard Meier dal 1989 al 1995, è tornato in India dove nel 2005 ha fondato Studio Mumbai.