VOGUE (Italy)

Of youth and beauty – Why eccentrici­ty is the ultimate form of elegance di Alan Prada ( pagina 55)

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Patrick Proctor, Helmut Berger, Glenn Gould, il Maharaja di Indore, Peter Beard, Tsuhugaru Foujita, Yukio Mishima. Quando penso all’eleganza mi vengono in mente subito determinat­e persone. E credo che, in fondo, ciò che li accomuna sia una certa forma di eccentrici­tà, uno stile di vita non convenzion­ale. Tra tutti, per me il campione della disciplina è Stephen Tennant. Eroe di un’ epoca ormai lontana (1906-1987), testardo seguace di un’ estetica assolutame­nte personale; le fotografie che gli ha scattato il suo amico Cecil Beaton sono tra le mie preferite in assoluto.

Tra tutte, quella nella quale compare nelle vesti di Prince Charming (il principe azzurro) esprime al meglio lo spirito di Tennant. Realizzata al riparo da sguardi indiscreti, questa fotografia è allo tempo stesso maledettam­ente sfacciata. Ironica, malgrado la pompa della messa in scena e la perfezione nella ricerca del dettaglio, è anche una riflession­e sul tempo che passa e una maliziosa celebrazio­ne della giovinezza e della bellezza.

Immagino che Tennant, Beatone i loro compagni di avventuras­i divertisse­ro moltissimo a costruire nelle loro case di campagna un mondo da favola, dove tutto aveva una ragione, dove lo stile era sempre impeccabil­e, ma dove una battuta o un gesto imprevedib­ile salvavano tutto e tutti dal ridicolo.

Tennant passò la maggior parte degli ultimi anni della su avita aletto,sc rivendo lettere, un romanzo mai terminato( ci lavorò per 40 anni) e colleziona­ndo cartoline di El visPr es ley. Lì però r iceveva numerose visite, da V.S. Naipaul a Bruce Chatwin, da David Bailey a Christophe­r Isherwood, che venivano in pellegrina­ggio ad ascoltare un aneddoto brillante. Negli anni Venti e Trenta aveva veramente influenzat­o lo stile di un’epoca: non per niente veniva definito “brightest of the bright young things”. Ma non voglio immaginare questo suo ritiro dalle scene con nostalgia. Piuttosto, come l ’ultimo segnale della sua insuperabi­le eccentrici­tà.

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