Foreword/1 non ci sono più le stagioni,
Mi chiedo spesso come facciano le Kardashian a non soffocare dentro ai giganteschi cappotti che indossano nella calura californiana. Oppure, di contro, come facciano a non congelare in quegli abitini succinti con cui rimpiazzano i cappotti quando la temperatura si abbassa. Soffrire per apparire: è il martirio della moda ai tempi del global warming. Se il presidente Trump e chi con lui si ostina a negare questa crisi apocalittica avessero mai bisogno di una prova, basterebbe dirgli di dare un’occhiata alle sfilate, dove la moda ormai ha ben poco a che vedere con le stagioni.
Una volta era tutto più semplice: in primavera ci si vestiva leggeri, in autunno pesanti, e le cruise collection erano per quei fortunati che potevano sfuggire al freddo dell’inverno. Andando in giro per le fashion week oggi, invece, la relazione tra il clima e il guardaroba è praticamente sparita. Certo, è più probabile vedere un bikini in una sfilata estiva piuttosto che in una invernale, ma oggi come oggi ogni collezione tende perlopiù a spuntare tutte le caselle, dai miniabiti ai piumini.
Come le Kardashian, siamo diventati tutti più indifferenti alle temperature che scandiscono il nostro anno solare. In ogni caso, non possiamo prevederle. E non è solo sintomo di una cultura sempre più fondata sulla gratificazione istantanea, in cui basta accendere l’aria condizionata o il riscaldamento per adattarsi al fashion mood del giorno. Ho sempre adorato quel pettegolo “si dice che” su Marilyn Manson per cui avrebbe passato la luna di miele con Dita von Teese chiuso al Ritz, completamente vestito di pelle e con la temperatura della suite raffreddata fino a un gotico quindici gradi nei giorni più caldi dell’estate londinese.
Ma erano i ruggenti anni 2000, prima che il fascino di simili vizi proiettasse l’ombra cupa che invece produce oggi. Il reale, inequivocabile, cambiamento climatico implica che il mercato debba andare incontro alla schizofrenia dei fenomeni meteorologici, eliminando quel flusso stagionale della moda che aveva senso una volta, di fatto però alimentando un consumismo eccessivo, che è parte stessa della questione. Se non ricordiamo di esserci sentiti perennemente troppo o troppo poco vestiti rispetto al clima, due o tre decadi fa, è perché in effetti non avevamo questo problema!
A meno che uno non viva al Polo Nord o all’Equatore, la sensazione di tepore perpetuo è il fattore che cambierà il volto della moda negli anni a venire. E in un clima in cui le precollezioni sono presentate su passerelle da urlo, e le fashion week fanno fatica a rispettare i diversi periodi dell’anno, comincio a chiedermi se il vento di cambiamento transtagionale della moda non si stia trasformando in un enorme uragano. •
*Fashion critic di British Vogue.