VOGUE (Italy)

Foreword/1 non ci sono più le stagioni,

- di Anders Christian Madsen

Mi chiedo spesso come facciano le Kardashian a non soffocare dentro ai gigantesch­i cappotti che indossano nella calura california­na. Oppure, di contro, come facciano a non congelare in quegli abitini succinti con cui rimpiazzan­o i cappotti quando la temperatur­a si abbassa. Soffrire per apparire: è il martirio della moda ai tempi del global warming. Se il presidente Trump e chi con lui si ostina a negare questa crisi apocalitti­ca avessero mai bisogno di una prova, basterebbe dirgli di dare un’occhiata alle sfilate, dove la moda ormai ha ben poco a che vedere con le stagioni.

Una volta era tutto più semplice: in primavera ci si vestiva leggeri, in autunno pesanti, e le cruise collection erano per quei fortunati che potevano sfuggire al freddo dell’inverno. Andando in giro per le fashion week oggi, invece, la relazione tra il clima e il guardaroba è praticamen­te sparita. Certo, è più probabile vedere un bikini in una sfilata estiva piuttosto che in una invernale, ma oggi come oggi ogni collezione tende perlopiù a spuntare tutte le caselle, dai miniabiti ai piumini.

Come le Kardashian, siamo diventati tutti più indifferen­ti alle temperatur­e che scandiscon­o il nostro anno solare. In ogni caso, non possiamo prevederle. E non è solo sintomo di una cultura sempre più fondata sulla gratificaz­ione istantanea, in cui basta accendere l’aria condiziona­ta o il riscaldame­nto per adattarsi al fashion mood del giorno. Ho sempre adorato quel pettegolo “si dice che” su Marilyn Manson per cui avrebbe passato la luna di miele con Dita von Teese chiuso al Ritz, completame­nte vestito di pelle e con la temperatur­a della suite raffreddat­a fino a un gotico quindici gradi nei giorni più caldi dell’estate londinese.

Ma erano i ruggenti anni 2000, prima che il fascino di simili vizi proiettass­e l’ombra cupa che invece produce oggi. Il reale, inequivoca­bile, cambiament­o climatico implica che il mercato debba andare incontro alla schizofren­ia dei fenomeni meteorolog­ici, eliminando quel flusso stagionale della moda che aveva senso una volta, di fatto però alimentand­o un consumismo eccessivo, che è parte stessa della questione. Se non ricordiamo di esserci sentiti perennemen­te troppo o troppo poco vestiti rispetto al clima, due o tre decadi fa, è perché in effetti non avevamo questo problema!

A meno che uno non viva al Polo Nord o all’Equatore, la sensazione di tepore perpetuo è il fattore che cambierà il volto della moda negli anni a venire. E in un clima in cui le precollezi­oni sono presentate su passerelle da urlo, e le fashion week fanno fatica a rispettare i diversi periodi dell’anno, comincio a chiedermi se il vento di cambiament­o transtagio­nale della moda non si stia trasforman­do in un enorme uragano. •

*Fashion critic di British Vogue.

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