Imageries scambio d’identità,
Opere formato Instagram. E-magazine e blog specializzati. Gallerie online. Blockchain e criptovalute. Benvenuti nell’ecosistema POST-DIGITALE.
Reale e digitale convivono ormai di fatto nella produzione d’artista. Scannerizzate e postate online, le opere convenzionalmente bi e tridimensionali, insieme con i loro contenitori e supporti espositivi, popolano il web a lato di quelle elaborate o completamente generate al computer. E appaiono come immagini inevitabilmente mescolate ad altre immagini, travolte, influenzate e informate dal flusso visuale inarrestabile e frammentato dei siti web, confuse tra milioni di input con disparate origini e finalità, contaminate dai format e dai contenuti di Internet, che nullificano demarcazioni e gerarchie di linguaggio, riconfigurando l’identità post-digitale dell’arte, i suoi strumenti e il suo sistema.
Un sistema di artisti, gallerie, musei o case d’aste che oggi occupa contemporaneamente domini reali e digitali, siti concepiti ad hoc e usati come vetrine che documentano la propria attività creativa o espositiva, ma anche piattaforme che l’amplificano, producendo e postando periodicamente progetti d’artista come il 5ème Étage del Centre d’Art Contemporain di Ginevra. Un quinto piano che, spiega il direttore Andrea Bellini, «è il piano espositivo che in effetti non abbiamo, in quanto l’edificio ne ospita solo quattro. Un piano che esiste da un anno solo nel web e ospita opere d’arte in digitale prodotte da noi e commissionate ad artisti con i quali non necessariamente lavoreremmo anche negli spazi reali del Centre». Hanno infatti coinvolto ricercatori di punta del mondo virtuale, visionari come il californiano Ian Cheng (35 anni, a marzo) che, in occasione della Biennale de l’Image en Mouvement 2018, conclusasi ai primi di febbraio proprio a Ginevra, ha caricato e attivato online uno dei
Il sistema dell’arte si estende dal reale ai domini del virtuale. I siti diventano vetrine del mercato concepite ad hoc. E le piattaforme danno spazio a inediti progetti d’artista.
suoi ecosistemi in mutazione, mondi immaginari da videogame che, governati e regolati da competitive intelligenze artificiali, si configurano ed evolvono in modo autonomo. E hanno collaborato inoltre con artiste come l’americana Cheryl Donegan (57 anni), che pare più affascinata dalle approssimazioni visive e compressioni temporali del digitale, dalle immagini a bassa risoluzione di abiti o tessuti in vendita su eBay, dagli home video caricati su YouTube e dalla velocità con cui le informazioni vengono digitalmente veicolate, scaricate, trasferite, modificate e riconfigurate. Materiali e ritmi frammentati ripresi nella sua produzione d’artista, dai “Vines” formato Instagram da poco inseriti nella piattaforma di 5ème Étage ai video loop e ai collage d’immagini scaricate e scannerizzate e presentate da Levy Delval a The Pit Presents di Los Angeles dal 3 marzo al 14 aprile.
Con il gruppo di artisti russi AES+F, il digitale arriva peraltro a contaminare anche il linguaggio scenografico e rivoluziona l’estetica dell’opera lirica in quella che appare una straordinaria produzione multimediale della “Turandot” di Puccini con la regia di Fabio Cherstich, che ha esordito in gennaio al Teatro Massimo di Palermo e sarà nel 2019 in alcuni dei migliori teatri italiani. Tra reale e virtuale, partitura romantica e immaginario proiettato nel futuro, memorie orientaliste e cultura globale contemporanea, si riscrivono la storia e il tempo. In quello che appare un inesauribile generarsi di nuove piattaforme è rinvenibile, d’altra parte, anche la volontà di trasformare il rapporto con artisti e collezionisti delle future generazioni in un business virtuale. Un mercato che, come quello promosso e regolato dalla piattaforma R.A.R.E., diventa ecosistema totalmente digitale, con una blockchain che raccoglie e registra le opere con tutte le informazioni che ne certificano l’autenticità e il valore. Opere digitali di cui R.A.R.E. si occupa in ultimo della vendita in criptovalute a collezionisti registrati. In ambito editoriale, invece, l’ormai ventennale apripista “e-flux”, dinamico internazionale database di eventi e mostre, release e immagini e mail di musei e gallerie, risulta affiancato e compendiato da periodici online di più recente concezione: come il newyorkese “DIS magazine”, «il più pubblico e democratico di tutti i forum» per i suoi editor, un gruppo di specialisti composto da Lauren Boyle, Solomon Chase, Marco Roso e David Toro, che si propone di commissionare e pubblicare esclusivamente progetti per Internet. Visuali fluide e ibride interazioni di arte e moda, illustrazione e fotografia, video e cartoon in chiave immateriale, digitalmente elaborate. •