Autentico, Unico
Fendi e il duo svizzero Kueng Caputo: un incontro alchemico da cui nascono oggetti di design tra pelle e pietra, colori e malta.
Il tempo che viviamo ubbidisce a due spinte contrapposte e in qualche modo contraddittorie. Da una parte c’è la fame atavica di modernità che porta a glorificare la macchina, infallibile perché priva di emozioni e imperfezioni – circola la notizia che in futuro saranno i computer, da soli, a disegnare le collezioni di abbigliamento sulla base di algoritmi e calcoli, come se vestirsi fosse nient’altro che un meccanico coprirsi. Dall’altra si rivaluta e glorifica con convinzione l’artigianato, ovvero il lavoro manuale capace di dare carattere, e invero anima, agli oggetti, adattandosi ai mutamenti sociali e culturali senza venir meno alla tradizione. Esagerazioni in entrambi i casi, ma da umanisti convinti viene naturale schierarsi dalla parte dell’homo faber senza demonizzare in toto la macchina. E allora ben venga il moltiplicarsi di progetti couture e la generale riscoperta della mano, tanto nella moda quanto nel design, all’inseguimento del nuovo graal biforcuto: l’autenticità, ammantata di unicità. «Siamo da sempre affascinate dalle possibilità uniche offerte dal lavoro manuale», dice Sarah Kueng, che con Lovis Caputo forma il duo svizzero Kueng Caputo. «Il tempo speso a far le cose e la gestualità unica di chi realizza un oggetto si imprimono in maniera indelebile sugli oggetti stessi». Kueng Caputo crea mobilio, lampade, oggetti di design lavorando sulla materia e sulla tecnica.
La loro pratica, liminale tra design minimalista e arte, intensamente materica, è affine a quanto Fendi promuove e realizza da sempre. Non sorprende dunque che il duo sia l’ultimo, in ordine di tempo, a collaborare con la maison romana per il progetto annuale di design di ricerca svelato durante Design Miami. Racconta Silvia Venturini Fendi: «Ero interessata a lavorare con Kueng Caputo poiché il loro obiettivo principale è la ricerca sui materiali e l’applicazione di questi al design attraverso nuove tecniche. L’approccio è identico a quello che noi usiamo nella lavorazione di pelle e pelliccia. Ho chiesto a Sarah e Lovis piccoli pouf, un paravento e una palma-colonna stilizzata giocano con la dualità degli opposti, altro tema caro a Fendi: luce/ombra, solido/delicato, serio/giocoso. Quel che sembra non è, mentre la materia supera il proprio limite, con la pelle che si fa rigida e i mattoni che diventano impalpabili. Conclude Silvia Venturini Fendi: «Mi è piaciuto il modo in cui hanno interpretato l’artigianalità della pelle selleria, il loro uso del colore. I pezzi della collezione sono simbolici di Fendi e simbolici di Roma». Una congiunzione invero sperticata e per nulla meccanica, resa possibile unicamente dal lavoro manuale. __________ di immaginare una collezione di oggetti destinati ad arredare il colonnato esterno della nostra sede, il Palazzo della Civiltà Italiana». Il risultato della collaborazione va sotto il titolo Roman Molds, e rappresenta un incontro visionario, verrebbe da dire alchemico, tra la pelle selleria, ondulata e resa ferma, i classici mattoni, smaltati in colori peregrini, e la malta che li tiene insieme. «C’è qualcosa di arcaico nella pelle selleria: una qualità che ci ha subito fatto pensare ai mattoni. Le forme, invece, sono ispirate alle arcate ritmiche del Colosseo Quadrato», spiega Sarah. Tavoli,