Consumismo, Game Over?
Il ritorno del corpo. L’integrità. Una nuova etica, anche nei consumi. E nella moda, che secondo il sociologo Francesco Morace parteciperà al cambio di direzione dell’economia globale.
La crisi del Covid-19 è un faro accecante che illumina ogni aspetto della vita privata e sociale, mostrando carenze ed errori, ma anche insolite capacità di reazione di singoli e comunità. Quando il virus avrà terminato la propria azione dirompente, il mondo nuovo avrà ben poco in comune con quello passato. Competenza scientifica e altruismo – fondamentali per superare l’emergenza sanitaria – continueranno a esercitare il proprio effetto a scapito di opinioni generiche e individualismo, e promuovendo un cambio di direzione a livello politico e finanziario. La crisi potrebbe essere l’opportunità per sanare molte storture del tardo-capitalismo.
Più difficile è immaginare come reagirà il singolo, quali potranno essere le conseguenze sulle abitudini di acquisto della popolazione. Dovremo per esempio rinunciare al consumismo di massa, passare dall’era della quantità a quella della qualità, dall’illimitatezza dei desideri alla finitezza delle possibilità?
Risponde qui il sociologo Francesco Morace, presidente del Future Concept Lab, centro studi per la previsione degli effetti delle innovazioni su marketing e società.
«Io non credo al neo-pauperismo. Finita l’epidemia, cercheremo una compensazione a questo periodo di rinunce. Il che non significa che le scelte non saranno influenzate dalla pandemia, anche perché sta già avvenendo».
Sta già avvenendo, e come?
Si è affermata la “verità” come cardine dei nostri pensieri. Prima di tutto ciò davamo importanza alle opinioni, ma oggi queste sono diventate più lente del virus; fino a pochi mesi fa, non erano costantemente contraddette da fatti e dati con cui la nostra immaginazione deve continuare a fare i conti. La seconda parola chiave è “competenza”. L’importanza oggi riconosciuta alla verità scientifica ha come ricaduta che, a qualunque livello, non si potrà fare a meno dell’integrità da parte dei nostri interlocutori. Conclusa l’emergenza, quali potranno essere le conseguenze concrete sulle nostre abitudini?
Ritorneremo al corpo, ora sacrificato. Per i giovani, la riconquista di una dimensione sportiva sarà un elemento fortissimo della ripartenza. E in genere la cura del corpo occuperà le nostre priorità. Dall’auspicato rafforzamento del sistema sanitario alle abitudini di ciascuno, che vedrà nella tutela delle proprie energie vitali il senso principale dell’esistenza. Sempre il corpo e la cura di sé saranno al centro di un’altra rivoluzione. Il lavoro diventerà meno frenetico e le aziende, anche a seguito delle responsabilità emerse durante la pandemia, dovranno fare un grande mea culpa sulla gestione delle risorse umane. C’è poi un altro settore, legato al corpo e che ritroverà slancio: la moda. Per la stessa voglia di rifiorire, rinascere e ritrovare piacere. Negli Stati Uniti si prevede l’abbandono di un consumismo e di una catena di approvvigionamento globalizzati, a favore di un ritorno a filiere locali. È d’accordo? In Italia, già da qualche anno è iniziato il rientro di numerose produzioni prima esportate. Il fenomeno s’intensificherà, ma non si trasformerà in una battaglia contro il consumismo come negli Stati Uniti. Noi siamo diversi: da noi conta di più la personalizzazione e l’acquisto di beni legati alle passioni. A causa della pandemia, ma anche per effetto della crisi economica preesistente, si farà più attenzione a non sprecare. C’è già un piccolo segnale: a Milano, anche se tutti sono costretti a mangiare a casa, la raccolta dell’immondizia è fortemente calata. L’oculatezza resterà.
Una parola che si è affermata in questi mesi è vulnerabilità. Potrebbe cambiarci? Sì, dandoci di nuovo il piacere e il dovere di porci dei limiti così da poter conquistare un futuro. Se sei capace di progettare i tuoi limiti, riuscirai anche ad affrontare meglio le prossime difficoltà.
Come dovranno comunicare i brand? Facendo tesoro di alcuni valori fondamentali. Reciprocità, rispetto, responsabilità e riconoscibilità. Dubito che avrà successo chi alleggerisca il tono o ironizzi sull’emergenza. Non è il momento di fare i simpatici, ma di tenere un profilo basso per comunicare ciò in cui si è davvero competenti. Ogni contributo concreto per affrontare il Covid-19, così com’è stato gestito da diverse aziende, sarà molto apprezzato dal futuro consumatore. Nascerà una riconoscenza spontanea per chi, durante la crisi, si sia mosso a favore della comunità. E verrà dato per scontato che l’azienda abbia appreso la lezione fondamentale: agire tenendo conto degli altri.
In che modo?
Le persone si affideranno a marchi capaci di sostenere ogni aspetto del proprio lavoro con la massima serietà. Saranno giudicati, che si tratti della gestione delle risorse umane o della sostenibilità degli approvvigionamenti. E non basterà: dovranno dimostrare di essere allo stesso livello di abnegazione e altruismo di chi, come medici o cassiere dei supermercati e volontari, ci abbia sostenuto nei giorni più neri. Dovranno creare una rete virtuosa. Per esempio, gli agricoltori e i lavoratori del settore alimentare, che ora ci tengono in vita a costo di sacrifici, non potranno essere abbandonati nuovamente allo sfruttamento della grande distribuzione. Dopo il Covid-19, non soltanto la sostenibilità ambientale, ma anche la dignità del lavoro, dei suoi spazi e tempi, sarà un requisito fondamentale nelle scelte dei consumatori. Si affermerà un nuovo assetto sociale, e dovrà essere riconoscibile anche all’interno delle aziende, non solo per il cliente finale. Se non mi posso affidare completamente all’interlocutore, non mi fido del prodotto. Così a essere premiate saranno le aziende che mostreranno di sentire la crisi in prima persona e i cui responsabili si esporranno, come ora fanno medici e infermieri. _