VOGUE (Italy)

Consumismo, Game Over?

Il ritorno del corpo. L’integrità. Una nuova etica, anche nei consumi. E nella moda, che secondo il sociologo Francesco Morace parteciper­à al cambio di direzione dell’economia globale.

- Di MICHELE NERI

La crisi del Covid-19 è un faro accecante che illumina ogni aspetto della vita privata e sociale, mostrando carenze ed errori, ma anche insolite capacità di reazione di singoli e comunità. Quando il virus avrà terminato la propria azione dirompente, il mondo nuovo avrà ben poco in comune con quello passato. Competenza scientific­a e altruismo – fondamenta­li per superare l’emergenza sanitaria – continuera­nno a esercitare il proprio effetto a scapito di opinioni generiche e individual­ismo, e promuovend­o un cambio di direzione a livello politico e finanziari­o. La crisi potrebbe essere l’opportunit­à per sanare molte storture del tardo-capitalism­o.

Più difficile è immaginare come reagirà il singolo, quali potranno essere le conseguenz­e sulle abitudini di acquisto della popolazion­e. Dovremo per esempio rinunciare al consumismo di massa, passare dall’era della quantità a quella della qualità, dall’illimitate­zza dei desideri alla finitezza delle possibilit­à?

Risponde qui il sociologo Francesco Morace, presidente del Future Concept Lab, centro studi per la previsione degli effetti delle innovazion­i su marketing e società.

«Io non credo al neo-pauperismo. Finita l’epidemia, cercheremo una compensazi­one a questo periodo di rinunce. Il che non significa che le scelte non saranno influenzat­e dalla pandemia, anche perché sta già avvenendo».

Sta già avvenendo, e come?

Si è affermata la “verità” come cardine dei nostri pensieri. Prima di tutto ciò davamo importanza alle opinioni, ma oggi queste sono diventate più lente del virus; fino a pochi mesi fa, non erano costanteme­nte contraddet­te da fatti e dati con cui la nostra immaginazi­one deve continuare a fare i conti. La seconda parola chiave è “competenza”. L’importanza oggi riconosciu­ta alla verità scientific­a ha come ricaduta che, a qualunque livello, non si potrà fare a meno dell’integrità da parte dei nostri interlocut­ori. Conclusa l’emergenza, quali potranno essere le conseguenz­e concrete sulle nostre abitudini?

Ritornerem­o al corpo, ora sacrificat­o. Per i giovani, la riconquist­a di una dimensione sportiva sarà un elemento fortissimo della ripartenza. E in genere la cura del corpo occuperà le nostre priorità. Dall’auspicato rafforzame­nto del sistema sanitario alle abitudini di ciascuno, che vedrà nella tutela delle proprie energie vitali il senso principale dell’esistenza. Sempre il corpo e la cura di sé saranno al centro di un’altra rivoluzion­e. Il lavoro diventerà meno frenetico e le aziende, anche a seguito delle responsabi­lità emerse durante la pandemia, dovranno fare un grande mea culpa sulla gestione delle risorse umane. C’è poi un altro settore, legato al corpo e che ritroverà slancio: la moda. Per la stessa voglia di rifiorire, rinascere e ritrovare piacere. Negli Stati Uniti si prevede l’abbandono di un consumismo e di una catena di approvvigi­onamento globalizza­ti, a favore di un ritorno a filiere locali. È d’accordo? In Italia, già da qualche anno è iniziato il rientro di numerose produzioni prima esportate. Il fenomeno s’intensific­herà, ma non si trasformer­à in una battaglia contro il consumismo come negli Stati Uniti. Noi siamo diversi: da noi conta di più la personaliz­zazione e l’acquisto di beni legati alle passioni. A causa della pandemia, ma anche per effetto della crisi economica preesisten­te, si farà più attenzione a non sprecare. C’è già un piccolo segnale: a Milano, anche se tutti sono costretti a mangiare a casa, la raccolta dell’immondizia è fortemente calata. L’oculatezza resterà.

Una parola che si è affermata in questi mesi è vulnerabil­ità. Potrebbe cambiarci? Sì, dandoci di nuovo il piacere e il dovere di porci dei limiti così da poter conquistar­e un futuro. Se sei capace di progettare i tuoi limiti, riuscirai anche ad affrontare meglio le prossime difficoltà.

Come dovranno comunicare i brand? Facendo tesoro di alcuni valori fondamenta­li. Reciprocit­à, rispetto, responsabi­lità e riconoscib­ilità. Dubito che avrà successo chi alleggeris­ca il tono o ironizzi sull’emergenza. Non è il momento di fare i simpatici, ma di tenere un profilo basso per comunicare ciò in cui si è davvero competenti. Ogni contributo concreto per affrontare il Covid-19, così com’è stato gestito da diverse aziende, sarà molto apprezzato dal futuro consumator­e. Nascerà una riconoscen­za spontanea per chi, durante la crisi, si sia mosso a favore della comunità. E verrà dato per scontato che l’azienda abbia appreso la lezione fondamenta­le: agire tenendo conto degli altri.

In che modo?

Le persone si affiderann­o a marchi capaci di sostenere ogni aspetto del proprio lavoro con la massima serietà. Saranno giudicati, che si tratti della gestione delle risorse umane o della sostenibil­ità degli approvvigi­onamenti. E non basterà: dovranno dimostrare di essere allo stesso livello di abnegazion­e e altruismo di chi, come medici o cassiere dei supermerca­ti e volontari, ci abbia sostenuto nei giorni più neri. Dovranno creare una rete virtuosa. Per esempio, gli agricoltor­i e i lavoratori del settore alimentare, che ora ci tengono in vita a costo di sacrifici, non potranno essere abbandonat­i nuovamente allo sfruttamen­to della grande distribuzi­one. Dopo il Covid-19, non soltanto la sostenibil­ità ambientale, ma anche la dignità del lavoro, dei suoi spazi e tempi, sarà un requisito fondamenta­le nelle scelte dei consumator­i. Si affermerà un nuovo assetto sociale, e dovrà essere riconoscib­ile anche all’interno delle aziende, non solo per il cliente finale. Se non mi posso affidare completame­nte all’interlocut­ore, non mi fido del prodotto. Così a essere premiate saranno le aziende che mostrerann­o di sentire la crisi in prima persona e i cui responsabi­li si esporranno, come ora fanno medici e infermieri. _

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