Oltre La Bufera
Opinioni/6 Le fiere. Potenziare le interazioni virtuali in attesa che tornino quelle reali: è la ricetta di Raffaello Napoleone per Pitti Immagine.
Per smorzare l’incertezza di questo tempo in affanno, Raffaello Napoleone ha voluto tenere il punto il più a lungo possibile. Non fino all’ultimo, sarebbe stata una caparbietà imprudente, ma di sicuro fino a quando era ragionevolmente sensato: «Giugno è diventato un traguardo irraggiungibile non appena è stata fermata la produzione delle imprese. Sono venute meno le condizioni per portare i campionari a Firenze», riassume l’amministratore delegato di Pitti Immagine. Da qui, la decisione più ovvia e sofferta: rimandare la fiera dedicata alla moda maschile. «E avvicinarsi agli altri grandi appuntamenti del calendario internazionale». Guardando avanti, si intravedono comunque spiragli di fiducia: «In estate la situazione sarà migliore di quella che stiamo vivendo in queste settimane. La mia è una rassicurazione ponderata, ragionata, non strumentale. Le nostre azioni ci consentiranno di circoscrivere il virus. Finito il contagio, arriva la guarigione. Supereremo la crisi». L’Italia sarà capace di riaccendersi. Lentamente, pur trascinandosi le sue cicatrici, come sta facendo adesso la Cina: «Mi raccontano che ai semafori di Shanghai si forma la fila, si va nei negozi e al ristorante, sebbene ci si muova con mascherine e guanti. Si prendono le contromisure necessarie, però la vita è ripartita».
Arriverà il tempo di fare la radiografia dei danni, di certo è inevitabile intravedere prospettive dolorose: «L’impatto del quadro attuale sarà significativo e avrà conseguenze plurime. I mesi di stop, di vendite perse, difficilmente si potranno recuperare. Il 2020 sarà caratterizzato da vischiosità diffuse. L’impatto si sentirà sulla disponibilità delle materie prime, sulla produzione, la commercializzazione, la distribuzione e l’acquisto. Il mercato subirà un ripiegamento, patirà l’impatto del minore movimento delle persone».
In uno scenario del genere, che concede rari e faticosi spiragli di ottimismo, le fiere raddoppiano di senso. Pur con un calendario stravolto, vanno oltre la loro logica funzionale: «Sono momenti di analisi e riepilogo, consentono di scoprire in pochi giorni qual è lo stato della moda, le direzioni che il settore sta prendendo declinate nelle stagioni in arrivo». Un’esigenza che si afferma superando la compresenza fisica: il prossimo Pitti potrà essere esplorato da lontano, da chi non riuscirà a esserci, così come da chi ci sarà, però intende prolungare, approfondire, estendere il dialogo iniziato in Toscana.
La chiave d’accesso sarà la piattaforma digitale e-PITTI Connect. Il consolidamento di un’intuizione radicata: «Abbiamo sempre dato grande attenzione alle nuove tecnologie. Il know-how acquisito nel tempo ci mette a disposizione uno strumento immediatamente utilizzabile in una situazione imprevedibile. Lo stiamo potenziando, ne lanceremo una versione inedita per renderlo un elemento di condivisione totale di contenuti. Un luogo di interazione a distanza che si sviluppa in anticipo e durante la fiera, che nelle settimane successive alla chiusura continua a offrire opportunità di concludere accordi e stringere relazioni tra espositori e compratori». Di più: attraverso una collaborazione con l’Ice, l’agenzia per la promozione all’estero delle imprese italiane, si mira ad allargare ancora la durata e il campo d’azione della piattaforma. Il progetto è che diventi operativa per tutto l’anno estendendola ad altre industrie, non solo del comparto della moda.
In questa osmosi fluida tra reale e virtuale, la città da cui tutto parte, in cui la kermesse si svolge, si ritaglia un ruolo specifico: «A Firenze, con la sua dimensione provinciale in termini di superficie, i suoi palazzi e i giardini, si concentra quello che altrove si disperde. In passato avremmo potuto spostare la manifestazione in altri mercati, ma rimanere dove siamo è la conseguenza di una strategia precisa. Ogni volta che partecipiamo a eventi francesi, tedeschi, americani, ci rendiamo conto che in nessun polo fieristico in giro per il mondo è replicabile l’atmosfera che si genera all’interno della Fortezza da Basso. Nonostante le sue debolezze in termini di vetustà o la necessità di rimettere a posto gli impianti, quello che si crea a Pitti è uno spirito di comunità». Si recupera una dimensione collettiva che, almeno per il momento, ci appare perduta, interrotta, messa in pausa. Ritrovarla sarà respirare il passato. Un esercizio corale di normalità. ____________