Sam J. Miller Il Vestito E La Rivoluzione
Per cui… Meglio lasciar perdere l’hacktivismo. Non era mai stato il suo forte, in ogni caso. Concentrarsi su tutti i modi per cui il mondo è brutto ti farà solo sentire brutto dentro.
E poi... lo vide.
Un vestito che le tolse il respiro.
Rosso scuro. Sei fasce sulle spalle. Fodera di tartan. Velluto liscio e a coste intrecciati nell’orlo. La costruzione bella e frastagliata come un enorme origami aperto. Quasi un’armatura realizzata da Alexander McQueen o un abito indossato dalle amazzoni quando cavalcavano in battaglia.
Una donna che indossava un abito del genere poteva conquistare il mondo.
Quasi senza pensarci, lo prese dall’appendiabiti. Il suo peso la sorprese. Così come il prezzo, che era sorprendentemente basso. E non c’era da meravigliarsi: una scansione dell’etichetta le disse che aveva vent’anni, di una linea di abbigliamento che era stata bandita da allora. Senza pensare alle cimici, alle pulci o ai terribili nanobot antipolvere che tutti adesso indossavano e che potevano scatenare orribili reazioni allergiche, si diresse verso il retro.
Da sola, nell’intimità del camerino, si sentì improvvisamente imbarazzata. Inadeguata. Si spogliò rapidamente, come si farebbe davanti a un amante la prima volta.
Le sussurrò quando lo tolse dalla gruccia. Cercò di mostrarle delle cose. Rifiutò le richieste, come faceva sempre con le decine di migliaia di dispositivi intelligenti che cercavano di attirare la sua attenzione ogni giorno.
Ma a quel punto avvenne.
Erano connessi. L’abito aveva avuto accesso alle sue protesi senza che lei lo consentisse.
Questo non avrebbe dovuto essere possibile. Un software così sofisticato era senza dubbio illegale: sarebbe dovuta scappare via urlando. Ma Kalyani non poteva distogliere lo sguardo.
Forme e colori sfilano davanti ai suoi occhi, prendendo lentamente forme più specifiche. Si lasciò scivolare dentro le immagini.
Musica in un giardino vuoto; il gusto delle fragoline di bosco; bambini che si arrampicano sugli alberi. Crepuscolo nebbioso e umido fuori da un vecchio monastero. Spiagge dove delle coppie ballano. Gente che si tiene per mano, cantando canzoni mentre marcia insieme. Ricordi. Del tempo passato.
Si infilò il vestito e i ricordi diventarono ancora più coinvolgenti. Strade della città. Le sale degli edifici legislativi. Strade secondarie di campagna.
Una donna si faceva strada in tutte le immagini. Una figura alta e robusta che indossava l’abito rosso indossato adesso da Kalyani. Che toccava le spalle di poliziotti e soldati, che sfiorava degli estranei con le maniche. Passando il bug a ognuno di essi.
Qualunque tecnologia fosse nascosta in quel vestito, era scivolata al di là dei solerti firewall americani, il che significava che poteva abbattere qualsiasi cosa.
Kalyani si tolse il vestito e vide che stava tremando.
Cosa non potrei fare, con un vestito come questo?
Lo rimise sulla gruccia.
Cosa, esattamente? Che cosa vuoi fare? Farti ammazzare? Diventare una stupida rivoluzionaria suicida come quel ragazzo per strada, trasmettere un software contagioso fino a quando non ti arrestano? No. Doveva pensare con lucidità. La moda doveva essere una via di fuga. Un posto sicuro.
Rimise il vestito sull’appendiabiti dove l’aveva trovato. Si diresse verso il fronte del negozio, con l’intenzione di uscire e aspettare che i suoi amici avessero finalmente finito.
Una donna molto anziana con occhiali da sole giganti le passò vicino, fumando una sigaretta e conversando con il suo cane, indossava il più elegante soprabito ricamato che Kalyani avesse mai visto. Doveva essere qualcuno, di sicuro. Una editor famosa, o forse una fotografa. Le sue scelte avevano stabilito tendenze, cancellato carriere, scatenato manie. Il suo tempo era passato, ma poteva ancora inviare piccole onde d’urto nell’aria semplicemente camminando per la strada. Sorrisi che ispirano, come quello che spuntò sulle labbra di Kalyani in quel momento.
La moda non era mai stata una via di fuga. Era solo un modo diverso di combattere. Poteva portarsi quel vestito a casa; diffondere qualsiasi contagio fosse tessuto nelle sue fibre.
Kalyani si voltò. Prese il vestito. Si avvicinò alla cassa.
I suoi amici la guardarono, sbalorditi.
Lo posò sul bancone delicatamente, con rispetto. Guardò l’impiegata negli occhi – era la sua immaginazione, o il sorriso della donna lasciava intendere che conosceva il potere di quel vestito? Come se anche lei ne fosse stata contagiata; come se anche lei avesse dentro di sé i germi del cambiamento.
Kalyani fece un respiro profondo, e poi parlò:
«Lo prendo». _______________________________________________
Sam J. Miller (1979) è nato negli Usa, vive a New York, lavora (di giorno) come community organizer e scrive letteratura di fantascienza, fantasy e horror. Finalista del prestigioso Nebula Award, il suo ultimo romanzo è “La città dell’orca” (Zona 42, 2019).
NELLA PAGINA ACCANTO E IN APERTURA. Manichini viventi e shopping futuribile nel servizio di Steven Meisel, tratto dal numero di Febbraio 2007 di Vogue Italia.